Articolo 18: falso mito su cui si decide il futuro di molti ma non dei lavoratori.

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L'articolo 18... un falso problema
L’articolo 18… un falso problema

Mi ero ripromesso di aspettare, di attendere cosa uscirà da questa bagarre in corso nel parlamento su questo benedetto “Jobs Act”, ma dopo le ultime uscite su stampa e telegiornali dei contendenti (governo, minoranza PD, sindacati, opposizione e via dicendo) francamente non riesco più a starmene zitto.

Lavoro nelle risorse umane ed in particolare mi occupo di ricollocamento professionale, quel famoso outplacement che potrebbe diventare obbligatorio se passeranno gli emendamenti sul contratto a tutele crescenti; questo significa che a me le balle non le raccontate.

Il dibattito in corso è francamente privo di senso, diciamocelo chiaro non serve l’articolo 18 per licenziare oggi i lavoratori; le condizioni economiche attuali unite alla recente Riforma Fornero danno già oggi alle aziende tutte le armi per poter mandare a casa i collaboratori con o senza articolo 18. Come? Semplice… su tutti c’è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo che prevede in caso di motivi oggettivi appunto (basta che il fatturato dell’azienda sia calato ad esempio) il licenziamento del collaboratore e su questo l’articolo 18 non può proprio nulla. La procedura ideata dalla Fornero prevede che molto semplicemente venga comunicato il licenziamento al collaboratore con le ovvie motivazioni e che dopo pochi giorni si arrivi davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro per tentare la conciliazione, se questa non viene raggiunta si procede comunque con il licenziamento e si andrà in causa con il risultato che se, al massimo, venisse rilevato qualche vizio formale si arriverà ad un risarcimento tra le 12 e le 24 mensilità ma senza che scatti la reintegra, che scatta solo nel caso in cui ci fosse manifesta insussistenza. Risultato… il lavoratore è comunque fuori dall’azienda, al giorno d’oggi con le condizioni economiche attuali pensate sia difficile per un’azienda dimostrare di avere personale in esubero?

Capite bene quindi come l’articolo 18 sia un falso problema, a conferma di questo sarebbe interessante che ci venissero comunicati i dati relativi alle conciliazioni, vi assicuro che dall’entrata in vigore della Riforma Fornero sono aumentate a dismisura ma in pochi lo dicono (qualche mese fa ci fu un articolo del Sole 24 Ore che confermava questa mia affermazione) ma questo chi non è del settore non lo sa per cui crede ancora che l’articolo 18 sia un baluardo da difendere ad ogni costo e posso capirlo. Quello che non capisco è chi invece sa benissimo come stanno le cose ma continua a sventolare la bandiera dell’articolo 18 solo per interessi personali non dei lavoratori: parlo dei sindacati che conoscono bene la situazione reale (lo dimostra quanti posti di lavoro si sono persi dall’inizio della crisi ad oggi), lo sanno quelli della minoranza del PD che stanno solamente tentando con questa avversità a Renzi di recuperare consensi che hanno perso in anni di nullafacenza, lo sa lo stesso Renzi ed il governo così come tutta la classe politica; ecco perchè dico che su questa battaglia si decide il futuro di molti ma non dei lavoratori.

Sappiamo tutti cosa andrebbe fatto per rilanciare l’occupazione, l’abbassamento del cuneo fiscale per le aziende e richiamare così investitori esteri, facendo diventare l’Italia un paese nuovamente interessante in cui investire, unitamente ad una semplificazione della burocrazia, al termine della dualità tra lavoro pubblico (i veri protetti) e quello privato, al tornare a puntare sulla artigianalità tipica dell’Italia (pochi giorni fa alla settimana della moda a Milano la maison Gucci diceva “il vero lusso è l’artigianato”), al capire che il VERO “Made in Italy” è ancora il nostro fiore all’occhiello fuori dai nostri confini. Ma di questo non si parla o quando qualcuno prova a farlo ci si gira dall’altra parte facendo finta di non sentire riportando l’attenzione su un articolo 18 che oggi non esiste già più.

Alla prossima!!

2 pensieri riguardo “Articolo 18: falso mito su cui si decide il futuro di molti ma non dei lavoratori.

    Franco Domizi ha detto:
    23 settembre 2014 alle 19:12

    Condivido pienamente le osservazioni fatte a questa negletta classe dirigente che abbiamo. Questa “deficienza”, però, non è solo della classe politica o di quella sindacale. La considero di tutte le categorie dirigenziali che si interessano a questo, come ad altri settori della vita sociale italiana. Pensate a tutti i giornalisti, ai professori, agli accademici, a tutti i dirigenti della varie associazioni di categoria come degli istituti di credito ecc. ecc. per non parlare dei “magnifici dirigenti della P.A.” . Perché non fanno o dicono nulla pur sapendo come stanno le cose? Pur vedendo come siamo ridotti? Ma che fanno questi? Stanno alla finestra aspettando di vedere chi farà la prima mossa. Loro, intanto, non rischiano, si mettono al coperto, devono stare “coperti, devono difendere il posto sicuro. Chi glielo fa fare di dire le cose come stanno? Perché devono schierarsi con il rischio di finire “fucilato”, poi, se “vince” l’altro gruppo, oppure fatto sparire nell’oblio?
    Ecco, secondo me siamo alla fine della nostra libertà, Non la metto sul “filosofico”, ma voglio mettere l’accento, semplicemente, sulla condizione di sudditanza in cui siamo vissuti in questo paese. Cosa è successo? Che la quasi totalità delle persone (pure i lavoratori), per pura convenienza personale, senza dare un giudizio di merito su quello che fanno e/o succede, è andata dietro a quel Direttore o politico o Dirigente o capo fabbrica o a quell’altro ancora, senza rischiare nulla in proprio: annuendo e/o affermando l’opinione del proprio quadro di riferimento, senza giudizio. Ecco la parola giusta, mi era sfuggita prima. Senza un giudizio su quello che facciamo ogni giorno, piano piano perdiamo la libertà. E’ quello che sta succedendo. Siamo “prigionieri” di una macchina infernale, schiacciasassi, di cui non si conosce neanche un conducente: è sempre un altro, che, guarda caso, non si trova mai.
    Speriamo sempre nella “manzoniana” Provvidenza, quella con la P maiuscola, ovviamente.
    Saluti e “a rileggerci” presto.

    Andrea Pinna ha detto:
    14 ottobre 2014 alle 15:37

    sinceramente non riesco a capire perchè ogni volta che si parla di questo argomento, si parte da alcune premesse “universalmente” riconosciute (le aziende hanno già i mezzi e i modi per giustificare quasi ogni licenziamento), per giungere poi a conclusioni direi completamente opposte, e cioè: allora tanto vale abolire quanto resta ancora in vita dell’articolo 18; che in pratica si “limita” ad affermare un principio che dovrebbe essere – anche questo – universalmente riconosciuto (il diritto a non essere discriminati, vessati, eccetera)
    E’ evidente che le motivazioni del ‘putiferio’ scatenato sono altre (spostare l’attenzione da realizzazioni che tardano ad arrivare ? approfittare del consenso per far capire ancora una volta di più che siamo solo sudditi ? ..).
    Ma per restare in argomento, io farei questo paragone: sappiamo tutti bene che se ti vengono a rubare in casa, è quasi impossibile che i carabinieri riescano a beccare i ladri e a restituirci il maltolto… e che la denuncia sarà dunque solo una affermazione di principio.. ma dovremmo allora essere favorevoli alla abolizione del reato di furto ?
    saluti,
    Andrea Pinna

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