Ultimi Aggiornamenti degli Eventi

RU e dintorni si ferma qui!

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That's all Folks
That’s all Folks

Carissimi,

L’avventura iniziata nel lontano 2011 volge al termine, mio malgrado mi trovo costretto ad interrompere le pubblicazioni; costretto perchè gli impegni di lavoro che aumentano di anno in anno e la nuova avventura professionale appena partita come libero professionista non mi lasciano più il tempo di scrivere con quella costanza che vorrei e soprattutto che è richiesta quando si avvia un blog.

Non ho certo intenzione di fermarmi a scrivere, adoro farlo per cui i miei contributi, quando avrò il tempo di farli, verranno pubblicati direttamente su Linkedin Pulse, basterà qundi essere un mio contatto su Linkedin per vedere l’aggiornamento.

Ho ricevuto diverse richieste di collaborazione da parte di alcuni professionisti per aiutarmi nella redazione del blog, ci ho pensato molto ad aprire ad altri (tra l’altro tutti validissimi professionisti), alla fine sono arrivato alla conclusione che non sarebbe più il mio blog ma un’altra cosa, per quanto ben fatta per cui meglio terminare ed eventualmente avviare nuovi progetti insieme a chi ne fosse interessato e che mi permettano di gestire al meglio il mio tempo.

Mi sembra però ingeneroso chiudere il blog e disperdere quanto di buono fatto in questi anni, questo non lo dico io ma lo dite voi che mi avete seguito con costanza, siamo arrivati a ben 1220 lettori abituali e non so quanti saltuari; ho quindi deciso di tentare di lasciare un segno indelebile della sua presenza raccogliendo i post migliori in un ebook, rivedendoli e ampliandoli, aggiungendo alla fine alcuni miei interventi fatti in questi anni nel corso di seminari ed incontri, su tematiche specifiche relative alle risorse umane.

Il lavoro è già iniziato, spero di riuscire a portarlo presto a termine, chi è mio contatto su Linkedin, Facebook e Twitter verrà chiaramente avvisato della sua uscita.

Grazie a tutti per avermi fatto compagnia in questo viaggio, e come dico sempre…. ALLA PROSSIMA!!

Riccardo

AUGURI PER UN 2015 DI CAMBIAMENTO

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Mi scuso per questo periodo di latitanza dal blog, le pubblicazioni riprenderanno con il nuovo anno. Il fine anno è coinciso con un periodo di lavoro molto impegnativo che ha visto dare alla luce un nuovo progetto professionale che prenderà il via proprio dal 2015, come potete capire questo ha distratto e di parecchio la mia attenzione dalla pubblicazione di nuovi post; ma non temete ho già in mente nuovi argomenti di cui discutere: il primo è la fine del viaggio personale dentro la crisi di cui ho pubblicato solo la prima puntata, come non parlare poi di job act e dei suoi decreti attuativi? Ci vediamo presto intanto vogliate gradire un mio personale messaggio di auguri. BUON 2105!!!

Auguri2014

Analisi della crisi del sistema Paese – 1° puntata

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Che tipo di capi e collaboratori hanno bisogno le ns. aziende?

In questi mesi durante il mio girovagare per aziende, sto sempre più prendendo coscienza del perché l’Italia sembra non trovare la fine del tunnel di questa crisi che sembra essere infinita.

Sono sbalordito di quante eccellenze abbiamo a disposizione sia in termini di imprese che di singoli professionisti. Aziende e professionisti che però faticano ad incontrarsi, a mettersi in contatto gli uni con gli altri; vuoi perché si trovano a chilometri di distanza gli uni dagli altri, vuoi perché gli attuali organi di rappresentanza sono in piena crisi e faticano ad aggregare, anzi spesso sono in totale disgregazione.

Mi sono dato il compito di riuscire, nel mio piccolo, a mettere in contatto queste eccellenze, perché è da loro che questo Paese può tornare a correre, uscendo dall’immobilismo in cui si trova, riportando al centro la persona ed il fare impresa in modo innovativo, essendo predisposti al cambiamento.

La stampa, la politica, i talk show televisivi ci raccontano però spesso e volentieri l’altra faccia del Paese, quella legata ai vecchi modi di fare politica, ad una visione del mercato del lavoro che non c’è più, ad un settore pubblico ancora privilegiato rispetto al privato, ad un modo di fare impresa e ad un management ormai decisamente superato. Mi sono ripromesso di affrontare questi temi con una serie di post che andranno a toccare i vari argomenti; con questo primo articolo voglio toccare proprio il sistema di management che spesso, molto spesso, troviamo nelle aziende.

Prendo spunto da una discussione nata su LinkedIn nell’ultima settimana dal titolo “YES MEN non sono necessari e nemmeno utili….” in cui, prendendo spunto dalla immagine sopra riportata, si voleva mettere in evidenza come sia necessario per le imprese avere collaboratori e capi disposti a mettersi in discussione, liberi di proporre e di valutare proposte. Potrebbe sembrare una ovvietà, io stesso mesi fa toccai l’argomento, eppure dalla discussione emerge un quadro totalmente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Ecco alcuni dei commenti in cui ometterò il nome del commentatore per motivi di privacy:

Sarà vero in teoria, ma, nella realtà, i/le capi/e amano circondarsi di rassicuranti leccaculo, anziché confrontarsi con collaboratori dotati di capacità d’iniziativa e di spirito critico. Del resto, i libri di economia aziendale, infarciti di astrazioni simili al messaggio che hai pubblicato, sono scritti da persone che non hanno mai lavorato in un’azienda!

Assolutamente d’accordo.. Purtroppo particolarmente in Italia e assolutamente nelle aziende pubbliche bisognerebbe rimuovere quelli che credono di essere dirigenti ma sono solo impiegatocoli al servizio del padrone…quanta strada da fare ancora in questo paese

Mah… Gli yes men si chiamano cosi perche’ la definizione e’ nata in america… Quindi yes men o not men non si nasce, si diventa… Uno yes man a chista sopra ha sempre fatto molto comodo e continuera’ a farlo…

Per alcuni, essere sempre d’accordo con il proprio AD o DG, ha voluto dire e vuole dire fare carriera o essere tra gli intoccabili nelle aziende. Io ho sempre creduto e credo, che fare bene il proprio lavoro e mettere in campo la propria professionalità voglia dire anche contraddire il proprio AD o DG “aiutandolo” a prendere le decisioni giuste, contraddire non è una dichiarazione di guerra, ma sintomo di intelligenza professionali che non tutti, al di là delle competenza hanno

Io sono definito un “rompiballe”, anche se qualcuno aggiunge che ne vorrebbe 10 di rompiballe come me. Dipende sempre dalle condizioni delle divergenze. In alcuni casi ho dovuto abbandonare il progetto prima dello schianto. Confermo che siamo personaggi poco graditi in certi ambiti…..

Situazione vissuta a entrambe le parti: sia come dg, sia come dirigente. stando sopra, avevo in uggia chi era d’accordo a prescindere…che me ne faccio di uno che non dà contributi? così come il bastian contrario preconcetto. Apprezzavo, e non credo possa essere diversamente, chi si comportava come me “sotto”: chi educatamente, cercava di argomentare una posizione diversa: ascoltavo per sommare la mia intelligenza e la mia visione a quella di altri; di solito con buoni risultati. non nego però che spesso la mia voglia di dir la mia non è piaciuta. magari con conseguenze!

Insomma capite bene come in realtà in Italia si predichi bene e si razzoli decisamente male, non c’è stato un commento uno che non si sia trovato d’accordo con quanto riportato nell’immagine, ma che all’atto pratico si è trovato in condizioni completamente diverse. Ha ragione la persona che dice che in Italia fai spesso carriera se sei sempre d’accordo con il tuo capo sia esso l’imprenditore che il dirigente di turno, come è altrettanto vero quanto riportato nell’ultimo commento, ovvero che spesso quando si ha la voglia di dire la propria difficilmente si piace e al contrario spesso si subiscono conseguenze.

Il propositivo è una risorsa per l’azienda, invece spesso diventa un problema da gestire, si diventa i cosiddetti “rompiballe” e spesso ci si ritrova messi alla porta; uno dei passi che questo Paese deve fare per ripartire è proprio quello di partire dalla frase delle fotografia, apriamoci al dialogo, rendiamo le nostre aziende un luogo in cui confrontarsi e far si che tutti contribuiscano al loro successo, proprio come avviene in quelle aziende di cui parlavo all’inizio, in quelle eccellenze che nonostante la burrasca, navigano senza timore di essere ribaltate. Questo non significa che dobbiamo contornarci di bastian contrari (esistono anche questi e lo sappiamo bene tutti) ma semplicemente ascoltare tornando veramente a mettere al centro le persone, un’azienda senza le persone che la compongono è una scatola vuota che può fare ben poco, ricordiamocelo.

Alla prossima!!

Una scuola da rifondare

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Ma che scuola abbiamo oggi?

Questa volta vi racconterò semplicemente quanto accaduto ad un genitore che si è recato ad un normale e classicissimo colloquio con un insegnante del figlio, in merito al suo andamento scolastico. Per ovvi motivi di privacy i nomi riportati sono totalmente inventati così come la materia, vi garantisco però che tutto il racconto è realmente accaduto.

Mancano trenta minuti all’appuntamento con la professoressa Bortolotti, il papà di Mario si sta preparando in fretta per arrivare puntuale, anzi in realtà si è posto l’obiettivo di arrivare almeno cinque minuti prima perché il rispetto per le persone e per il loro lavoro viene prima di ogni cosa; tra se e se dice: “Devo muovermi, critichiamo sempre il pubblico, diamo il buon esempio anche attraverso la puntualità e poi, i professori, hanno tanto da fare mica sono a mia disposizione.” Con i nuovi sistemi elettronici oggi i voti, le assenze, le comunicazioni scuola famiglia sono visibili in tempo reale su qualsiasi dispositivo mobile connesso ad internet, un bel passo in avanti da quando, ai tempi del papà, si poteva anche bigiare la scuola attraverso una giustificazione firmata, al rientro, dal compagno di classe esperto grafologo, che imitava alla perfezione le firme di tutti i genitori della classe.

Oggi per ottimizzare il tempo, pur essendo rimasti gli orari di ricevimento, i professori ricevono solo su appuntamento, in fondo lo fanno anche i parrucchieri, non vedo perché non dovrebbero farlo loro. Così il papà nei giorni precedenti, ha regolarmente preso appuntamento, per iscritto con tanto di conferma controfirmata, con la Prof. Bortolotti.

Ma torniamo a dove avevamo lasciato il genitore, intento a preparasi di tutto punto per il colloquio, ah… dimenticavo, il figlio fa la terza media, un dettaglio che però va esplicitato. Mancano ancora 10 minuti all’appuntamento ed il papà è già pronto e suona alla porta di ingresso della scuola, il bidello che funge da segretario lo accoglie con non poca sorpresa, il genitore si presenta: “Buongiorno ho appuntamento con la Prof. Bortolotti” il bidello, con aria sconcertata, risponde: “Francamente non l’ho ancora vista”, il papà gli conferma di essere in anticipo per cui non ha alcun problema ad attendere. Dopo circa 5 minuti ecco la Prof. Bortolotti presentarsi all’ingresso e dire: “C’è qualcuno per la Prof. Bortolotti?” il papà ha un accenno di sorpresa, visto che avendo appuntamento, la professoressa dovrebbe ben sapere chi l’attende, ma poco importa… prontamente risponde “Si!! Eccomi, buongiorno sono Giovanni Manfredini, papà di Mario”, la professoressa senza rispondere seppur stringendogli la mano, gli fa strada all’interno del suo ufficio.

Inizia così il colloquio, la Bortolotti esordisce con una domanda che sorprende positivamente il Sig. Manfredini: “Lei ha visto i voti di suo figlio?”, Manfredini tra se e se: “Hai capito la Prof… brava così mi piace, visto che ormai c’è il registro elettronico, vuole vedere se come genitori seguiamo i ragazzi. Una bella cosa, in effetti molti genitori predicano bene e razzolano male” e risponde “Si si chiaramente, ha preso 8”, la Bortolotti “Ah beh!!! Se ha preso 8 allora va bene!!”. Il papà con aria sbigottita rimane con un espressione che all’incirca significa “mi sembra ovvio, a meno che i voti non si siano invertiti”; per riprendersi dal momento di imbarazzo la Bortolotti si lancia in una spiegazione completa, di quale sia il suo metodo di insegnamento e di come sia importante per lei il rispetto e le buone maniere all’interno della classe. Il Sig. Manfredini, rimane abbastanza impressionato dal modello educativo, innovativo se vogliamo e sicuramente interessante; al termine tenta di riportare il colloquio sui temi riguardanti il figlio e si riallaccia alla prima domanda circa i voti aggiungendo “Ha esordito con un 8 ha poi avuto un piccolo calo nella seconda interrogazione ma alla terza è tornato all’8”, la Bortolotti risponde: “Ah!!! Ha già tre voti?” …… segue un interminabile momento di silenzio in cui il padre sorpreso dall’ennesima risposta sconclusionata della professoressa, inizia a pensare di essere vittima di uno scherzo, eppure non siamo in Aprile ed Halloween è passato da poco, nei suoi pensieri si fanno largo espressioni del tipo “si si non ho dubbi, adesso arriva il bidello e mi dice che sono su Scherzi a Parte”.

Purtroppo non arriva nessuno, passano i minuti così il Sig. Manfredini tenta per l’ennesima volta di riprendere le fila del discorso: “Volevo avere una sua impressione sul comportamento di mio figlio in classe, sa io e mia moglie ci teniamo molto alla buona educazione e cerchiamo di fare il massimo, ma questo non ci può garantire che poi, lontano dalle pareti di casa, mio figlio sia sempre ligio. Lo dico anche perché sono un po’ preoccupato dal recente consiglio di classe, la comunicazione di resoconto arrivata ai genitori, evidenzia una classe che sembra essere un po’ vivacetta; lei che mi dice?” la Bortolotti con l’aria più naturale del mondo, dopo ben 20 minuti di colloquio sulla filosofia dell’insegnamento risponde: “Ah si certo… mi scusi mi ricorda che classe fa suo figlio?” a questa ennesima domanda fuori luogo il papà incredulo alle sue orecchie rimane con una espressione che significa inequivocabilmente “Ma mi sta prendendo per il c…o???????????”; vorrebbe dirgliene di tutti i colori, ma sa bene che se lo farà ci rimetterà solo suo figlio, così con qualche minuto di meditazione zen e di “ohmmmm ohmmmm” interni comunica alla prof. la classe del figlio. La Bortolotti risponde: “Ah beh si… in effetti… sembrerebbe… cioè con me poi non tanto… però insomma”.

Il colloquio termina così, con il Sig. Manfredini che si allontana pieno di domande esistenziali del tipo “Ma a chi diamo in mano i nostri figli ogni giorno?? Mio figlio è una persona fisica con un carattere, dotato di parola e di intelletto, oppure un ectoplasma trasparente senza personalità?? Quale attenzione gli viene riservata nell’apprendimento??” alla fine si sente quasi all’interno della pubblicità di una nota azienda finanziaria il cui slogan dice “Le grandi domande sono cambiate” e parte poi la musica con la canzone dei Gorillaz che fa: “I’aint happy, I’m feeling glad, I got sunshine in a bag, I’m useless but, not for long, the future is coming out” ovvero “Non sono felice, ma mi sento allegro, ho rinchiuso i raggi di sole in una valigia, sono inutile, ma non per molto ancora, il futuro mi viene incontro” che in una situazione del genere calza a pennello, in fondo meglio riderci sopra… si per non piangere, con l’augurio che il futuro che viene incontro sia migliore.

In effetti non tutte le scuole sono così, come non tutti i professori sono così, personalmente conosco insegnanti seriamente preoccupati per i loro studenti, che cercano e vogliono con tutte le loro forze, aiutarli a prepararsi al futuro; si rendono conto che la scuola è ancora lontanissima dal mercato del lavoro e per questo chiedono aiuto a professionisti come il sottoscritto, per cercare di fare un seppur minimo orientamento al mercato del lavoro per i loro ragazzi; ripartiamo da qui e cambiamo un sistema che, purtroppo, non è più in linea con le esigenze del mondo che cambia; impariamo a mettere la risorsa umana veramente al centro, sin dai periodi della scuola.

Alla prossima!!

Quanto conta il QI e quanto contano le emozioni per avere successo nella vita?

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Le emozioni contano eccome!!
Le emozioni contano eccome!!

Ognuno di noi sa bene cosa significa avere a che fare con le emozioni, spesso guidano l’istinto e ci fanno agire prima ancora che l’intelligenza razionale entri in funzione: a volte questo è un bene, pensate alla classica reazione che chiamiamo d’istinto che ci salva la vita, a volte è un male l’esplosione di rabbia che ci acceca, basta leggere i giornali per vedere le cronache piene di omicidi inspiegabili sino al giorno prima.

Tutto parte dal fatto che le emozioni fanno entrare in gioco la parte primordiale del nostro cervello, quello chiamato sistema limbico (in particolare nella amigdala), che scavalca a piè pari la mente razionale che risiede nella neocorteccia e che si è sviluppata solo con la comparsa dell’Homo Sapiens. Ecco perchè spesso agiamo d’istinto e magari ci pentiamo di quello che abbiamo fatto solo pochi istanti dopo averlo fatto; l’amigdala è una sorta di registratore delle emozioni per cui ogni volta che le riconosce fa scattare prontamente la risposta senza dare modo al cervello razionale di analizzare e prendere una decisione ponderata.

Evidente quindi che nella vita non possiamo prescindere dalla emozioni, eppure la psicologia per moltissimo tempo non ha mai voluto prendere in considerazione l’aspetto emozionale della nostra intelligenza, affermando che “l’intelligenza comportasse una elaborazione fredda e metodica dei fatti” (vedi Intelligenza Emotiva di Daniel Goleman a cui si ispira l’intero post), il che significa assimilare gli esseri umani a delle macchine, ma se c’è una cosa che ci differenzia da quest’ultime è proprio la capacità di provare emozioni. Solo nel 1990 l’intelligenza emotiva è stata presa in considerazione dagli psicologi, grazie a Salovey e Mayer due psicologici che scrissero il primo modello di intelligenza emotiva; con i tempi che corrono se ci pensate è come dire ieri.

Il modello prevedeva 5 punti chiave:

1) Conoscenza delle proprie emozioni: ovvero la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta.

2) Controllo delle emozioni: la capacità di controllore le proprie emozioni.

3) Motivazione di se stessi: dominare le emozioni per raggiungere gli obiettivi prefissi.

4) Riconoscimento delle emozioni altrui: ovvero essere empatici, il sapersi mettere nei panni dell’altro.

5) Gestione delle relazioni: la capacità di gestire le emozioni altrui.

La cosa buffa è che ancora oggi sento parlare nelle selezioni del personale o nella valutazione delle potenzialità delle persone solo di QI (quoziente intellettivo) mentre si tralascia completamente l’intelligenza emotiva; ad oggi non esiste un test per misurare il punteggio della intelligenza emotiva ma da questa non si può prescindere per valutare a 360° una persona.

Sarà capitato a tutti voi a scuola, di avere in classe un ragazzo o una ragazza che era il top, sempre prima/o in tutte le materie (tranne magari educazione fisica e questo già doveva dirla lunga) e allo stesso tempo ragazzi o ragazze che si barcamenavano in tutto il percorso di studi; magari poi li avete persi di vista per un pò ed oggi che li avete incontrati da adulti scoprite che il/la primo/a della classe conduce una vita normale o magari è ancora inspiegabilmente precario/a al lavoro, magari è ancora single, mentre quello che si barcamenava oggi è invece una donna/uomo di successo.

Questo evidenzia che non basta solo il QI per riuscire nella vita, bisogna avere il giusto equilibrio tra intelligenza cognitiva ed intelligenza emotiva ed a parità di QI sono le abilità emozionali a fare la differenza; più ne siamo dotati più riusciremo a vivere una vita di benessere psicofisico e di successo.

Alla prossima!!

TFR in busta paga? Caro Renzi stavolta stai sbagliando.

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Matteo Renzi
Matteo Renzi

Nelle ultime settimane Matteo Renzi oltre ad incassare la fiducia al senato per l’approvazione del Jobs Act, ha parlato di una nuova possibile rivoluzione nella gestione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), comunemente conosciuto come la “liquidazione”.

Il presidente del consiglio ha dichiarato che il governo ha intenzione di approvare una norma che obblighi le imprese a versare i soldi del TFR direttamente in busta paga dei dipendenti; come esempio ha portato la busta paga di un lavoratore del valore di 1500 € che verrà così accresciuta di ben 55 € in più al mese.

Vista da fuori può sembrare l’ennesima idea brillante del giovane capo del governo che fino ad oggi è stato forse l’unico politico a voler effettivamente cambiare un’inerzia di anni che ci sta devastando, riducendo la spesa pubblica ed apportando modifiche strutturali anche da un punto di vista legislativo, che consentano all’Italia di vedere la luce in fondo al tunnel. Esaminando però la questione un po’ più da vicino si scopre che questa volta il buon Renzi sta prendendo un granchio ed anche bello grosso, che rischia di ritorcersi contro lui e la sua azione e politica, andiamo a vedere il perché:

1) È noto a tutti che il TFR è, per i lavoratori, un tesoretto accumulato in anni di lavoro, che consente agli stessi di garantirsi una vecchiaia migliore (nel caso sia ritirato prima di andare in pensione), di provvedere alle esigenze momentanee della famiglia (nel caso il lavoratore venga licenziato), di poter effettuare investimenti per la realizzazione dei sogni di una vita.

2) Questa norma riguarderà solo il settore privato, le PMI quelle per intenderci con meno di 50 lavoratori, che non sono obbligati a versare le quote di TFR dei dipendenti al Fondo Tesoreria dell’INPS, si autofinanziano con le quote di TFR accantonate.

3) Tornando dal lato lavoratori, il TFR gode di una tassazione agevolata (oscilla tra il 23% ed il 25%), inserito in busta paga perderebbe questa caratteristica e verrebbe tassato ad aliquota ordinaria.

Non occorre essere un genio per capire che questa eventuale norma non porterebbe benefici ad alcuno, se non alle casse dello Stato che vedrebbero aumentare gli introiti fiscali, infatti:

1) I soldi in più in busta paga sono soldi già di proprietà dei lavoratori, che vedrebbero depauperato il tesoretto finale per 55€ in più al mese; dando l’addio ad ogni possibile sostegno economico extra a fine lavoro (vedi sopra). Se l’idea di Renzi è quella di rilanciare i consumi siamo ben lontani dal traguardo, visto anche lo scarso risultato degli 80€, quelli si in più, in busta paga che non ha sortito alcun effetto.

2) Le imprese ed in particolare le PMI, stanno veramente lottando con ogni forza nel mare in tempesta della crisi, togliere improvvisamente anche questi fondi significa sancire il naufragio di tantissime altre aziende e con loro la perdita di altre migliaia di posti di lavoro.

3) Passare da una tassazione agevolata ad una comune significa unire oltre al danno anche la beffa.

Ora la domanda che sorge spontanea è: ma chi è quel genio che ha avuto questa brillante idea??? Caro Renzi, personalmente sono uno che crede nella sua buona fede e voglia di cambiamento, credo però sia arrivata l’ora di fare un’analisi delle persone che la circondano, bastava informarsi con qualche addetto ai lavori per evitarle di fare questo abominevole errore.

Alla prossima!!

Gli italiani preferiscono formarsi

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Un mio intervento in ISTAO ad Ancona
Un mio intervento in ISTAO ad Ancona

Conosciamo tutti la frase “nella vita non si smette mai di imparare” a volte la diciamo solo come modo di dire, altre volte ci crediamo sul serio, la ripetiamo ai nostri figli quando sbuffano se hanno da studiare. Recentemente il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo che evidenzia come questa frase sia in realtà una filosofia di vita, soprattutto per i lavoratori; infatti nell’articolo viene riportata una ricerca realizzata a livello mondiale, dalla agenzia per il lavoro Kelly Services, che evidenzia come la stragrande maggioranza dei lavoratori Italiani preferisca che l’azienda si occupi della loro formazione piuttosto di avere un aumento di stipendio.

Può sembrare assurdo e anacronistico visti anche i tempi, invece saggiamente proprio in questo momento diventa ancor più importante aumentare le proprie competenze, non stupisce quindi la maturità dei lavoratori Italiani che con l’84% nel sondaggio, contro una media del 57% tra i loro colleghi in giro per il mondo, evidenziano la loro preferenza per un corso di formazione anziché avere un aumento.

Questo è un messaggio chiaro e forte alle imprese che troppo spesso negli ultimi tempi hanno messo in secondo piano la formazione, ritenendola più che altro un costo da tagliare in periodi di vacche magre. Oggi esistono numerose possibilità di finanziamento per la formazione aziendale a partire dai fondi interprofessionali, ad esempio è notizia di pochi giorni fa, dell’uscita di un nuovo avviso da parte di Fondimpresa, l’avviso 4 2014 infatti mette sul piatto ben 36 milioni di euro per piani formativi che riguardino lo sviluppo delle imprese. Si potranno presentare piani formativi che riguardino:

– innovazione tecnologica di prodotto e di processo

– innovazione dell’organizzazione

– digitalizzazione dei processi aziendali

– commercio elettronico

– contratti di rete

– internazionalizzazione

 

insomma si può fare formazione a 360 gradi.

 

Altri fondi sono messi a disposizione anche dalle istituzioni, dal fondo sociale europeo, e via dicendo per cui non ci sono scuse per la imprese: occorre investire (a costo zero tra l’altro) nell’aumento delle competenze dei propri collaboratori, questo permetterà all’azienda di aumentare l’engagement dei propri collaboratori, la loro soddisfazione e la produttività dell’impresa.

Alla prossima!!

Articolo 18: falso mito su cui si decide il futuro di molti ma non dei lavoratori.

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L'articolo 18... un falso problema
L’articolo 18… un falso problema

Mi ero ripromesso di aspettare, di attendere cosa uscirà da questa bagarre in corso nel parlamento su questo benedetto “Jobs Act”, ma dopo le ultime uscite su stampa e telegiornali dei contendenti (governo, minoranza PD, sindacati, opposizione e via dicendo) francamente non riesco più a starmene zitto.

Lavoro nelle risorse umane ed in particolare mi occupo di ricollocamento professionale, quel famoso outplacement che potrebbe diventare obbligatorio se passeranno gli emendamenti sul contratto a tutele crescenti; questo significa che a me le balle non le raccontate.

Il dibattito in corso è francamente privo di senso, diciamocelo chiaro non serve l’articolo 18 per licenziare oggi i lavoratori; le condizioni economiche attuali unite alla recente Riforma Fornero danno già oggi alle aziende tutte le armi per poter mandare a casa i collaboratori con o senza articolo 18. Come? Semplice… su tutti c’è il licenziamento per giustificato motivo oggettivo che prevede in caso di motivi oggettivi appunto (basta che il fatturato dell’azienda sia calato ad esempio) il licenziamento del collaboratore e su questo l’articolo 18 non può proprio nulla. La procedura ideata dalla Fornero prevede che molto semplicemente venga comunicato il licenziamento al collaboratore con le ovvie motivazioni e che dopo pochi giorni si arrivi davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro per tentare la conciliazione, se questa non viene raggiunta si procede comunque con il licenziamento e si andrà in causa con il risultato che se, al massimo, venisse rilevato qualche vizio formale si arriverà ad un risarcimento tra le 12 e le 24 mensilità ma senza che scatti la reintegra, che scatta solo nel caso in cui ci fosse manifesta insussistenza. Risultato… il lavoratore è comunque fuori dall’azienda, al giorno d’oggi con le condizioni economiche attuali pensate sia difficile per un’azienda dimostrare di avere personale in esubero?

Capite bene quindi come l’articolo 18 sia un falso problema, a conferma di questo sarebbe interessante che ci venissero comunicati i dati relativi alle conciliazioni, vi assicuro che dall’entrata in vigore della Riforma Fornero sono aumentate a dismisura ma in pochi lo dicono (qualche mese fa ci fu un articolo del Sole 24 Ore che confermava questa mia affermazione) ma questo chi non è del settore non lo sa per cui crede ancora che l’articolo 18 sia un baluardo da difendere ad ogni costo e posso capirlo. Quello che non capisco è chi invece sa benissimo come stanno le cose ma continua a sventolare la bandiera dell’articolo 18 solo per interessi personali non dei lavoratori: parlo dei sindacati che conoscono bene la situazione reale (lo dimostra quanti posti di lavoro si sono persi dall’inizio della crisi ad oggi), lo sanno quelli della minoranza del PD che stanno solamente tentando con questa avversità a Renzi di recuperare consensi che hanno perso in anni di nullafacenza, lo sa lo stesso Renzi ed il governo così come tutta la classe politica; ecco perchè dico che su questa battaglia si decide il futuro di molti ma non dei lavoratori.

Sappiamo tutti cosa andrebbe fatto per rilanciare l’occupazione, l’abbassamento del cuneo fiscale per le aziende e richiamare così investitori esteri, facendo diventare l’Italia un paese nuovamente interessante in cui investire, unitamente ad una semplificazione della burocrazia, al termine della dualità tra lavoro pubblico (i veri protetti) e quello privato, al tornare a puntare sulla artigianalità tipica dell’Italia (pochi giorni fa alla settimana della moda a Milano la maison Gucci diceva “il vero lusso è l’artigianato”), al capire che il VERO “Made in Italy” è ancora il nostro fiore all’occhiello fuori dai nostri confini. Ma di questo non si parla o quando qualcuno prova a farlo ci si gira dall’altra parte facendo finta di non sentire riportando l’attenzione su un articolo 18 che oggi non esiste già più.

Alla prossima!!

Da grande farò…….

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I nostri ragazzi
I nostri ragazzi

Sempre più aziende si stanno impegnando ed investono nell’orientamento dei giovani, indubbiamente la scuola non è più in grado, e forse non lo è mai stata, di indirizzare i ragazzi verso una scelta consapevole del loro futuro.

I giovani, lo dico a ragion veduta visto che ai miei tempi commisi il medesimo errore, fanno grande difficoltà a capire quale sia la loro “mission” personale per il futuro, a causa di ciò spesso fanno scelte scolastiche che si rivelano completamente sbagliate rispetto a quelle che saranno le loro aspirazioni future, quando capiranno che le reali passioni personali vanno in direzione completamente opposta a quanto da loro studiato sino ad ora. In altri casi si troveranno a mollare gli studi a metà perdendo tempo e denaro, dovranno rincorrere ed il mondo sappiamo non aspetta.

Questo accade principalmente perchè sono pochi i ragazzi che terminate le superiori hanno la maturazione adatta per sapere quale sia la loro reale aspirazione, colpa dei genitori che per proteggerli li fanno spesso vivere in una sorta di aura di protezione che non gli permette fino in fondo di vivere nel mondo reale, colpa della scuola che spesso si permette di dare giudizi completamente sbagliati sugli studenti, colpa di un sistema scolastico che per quanto se ne parli, rimane anni luce lontano dalla realtà aziendale e professionale.

Ecco quindi che oggi le aziende ed i professionisti più illuminati cercano di correre ai ripari, fornendo ai ragazzi processi di orientamento serio ed in alcuni casi adottando ed investendo sui ragazzi in modo da indirizzarli prima e supportarli durante nel loro processo formativo come ad esempio l’ Avvocato Cristina Rossello che sul settimanale del Corriere della Sera Io Donna racconta di come si prenda cura delle sue “pupils” come le chiama, ovvero ragazze a cui oltre a fornire una borsa di studio affianca un tutor che lei chiama “madrina” che ha il compito di formarle sul campo.

Non solo liberi professionisti dicevo ma anche aziende, è il caso di INDESIT che ha deciso di investire di tasca propria per dei programmi di orientamento per i figli dei dipendenti, dimostrando un forte attaccamento con i propri collaboratori aiutando i loro figli a costruirsi il futuro migliore per loro e le loro aspirazioni.

Quando si parla di orientamento spesso lo si fa per affiancare i neolaureati nella ricerca di un posto di lavoro, personalmente credo questi percorsi debbano essere inseriti già al termine delle superiori meglio ancora se alla fine delle medie quando veramente si inizia a disegnare il percorso formativo che porterà i ragazzi verso il loro futuro. Ritengo ideale partire dalle medie perchè potrebbero esserci ragazzi e ragazze che hanno delle doti innate per mestieri artigianali che oggi si stanno perdendo e che invece spesso offrono sbocchi professionali migliori che non per laureati plurimasterizzati, professioni che si tende oggi a snobbare perchè ritenute di serie B, commettendo uno degli errori più grandi; ricordiamoci che falegnami, sarti, artisti, calzolai, tutti coloro che utilizzano la loro manualità per lavorare sono stati coloro che hanno portato l’Italia ad eccellere ed a diventare famosa in tutto il mondo per il famoso Made in Italy ancora oggi ricercato più di quanto possiamo immaginare.

Avanti quindi per questa strada, augurandoci che la scuola riesca a coprire queste mancanze ataviche e si affianchi al mondo del lavoro nella ricerca della migliore formazione possibile per i nostri figli.

Alla prossima!!

I temi dell’autunno che verrà

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Il Ministro Poletti
Il Ministro Poletti

Rieccomi dietro la tastiera del pc o meglio dell’iPad seduto sul balcone di casa mia, intento a godermi gli scampoli finali di questa ultima domenica di agosto; da lunedì la stragrande maggioranza degli italiani sarà nuovamente al lavoro e qui sento già le prime vocine dire “si… beati quelli che ancora lo hanno il lavoro”, in effetti i temi occupazionali saranno uno dei temi, definiti caldi da quasi tutti i media, del prossimo autunno.

I TG si sono sprecati nell’elencarci i circa 150 tavoli aperti al Ministero per un numero veramente alto di posti di lavoro a rischio, anche diciamocelo, sono sempre gli stessi che si rimandano di mese in mese a causa del prolungarsi degli ammortizzatori sociali in attesa di una fantomatica ripresa.

La ripresa economica, altro grande tema di cui sentiamo parlare da mesi e con maggiore insistenza dall’avvento del Governo Renzi, ma che ad oggi non la si vede neanche a distanza, anzi sembra che l’intera Europa si sia arrestata visto e anche la grande Germania inizia a perdere colpi. Chissà che questa situazione non convinca anche la simpaticissima cancelliera tedesca a mollare l’osso ed a concedere politiche di minor rigore alle economie europee? Non sembra visto che Angela ha pensato di bacchettare Draghi per aver lasciato qualche spiraglio aperto per una politica maggiormente favorevole alla ripresa. La Germania, inconsapevolmente, si sta rendendo artefice di un nuovo olocausto, se continuano a fare i ferrei (e chi ha visto la NaziWeek in onda in questi giorni su History Channel sa bene di cosa parlo) saranno veramente in pochi a raccontarla.

In questo bailamme di estate “no logo” come il Corriere della Sera ha voluto nominarla vista la sua totale atipicità (nessun tormentone, nessun caso editoriale e decisamente bagnata), non poteva mancare la proposta per una ennesima riforma del mercato del lavoro. Mi viene da ridere solo all’idea e vi domando: come mai secondo voi parliamo sempre di riforme del mercato del lavoro? Sarà che forse con le precedenti annunciate come definitive, alla fine ci siamo ritrovati sempre con un pugno di mosche in mano? Sarà che forse dobbiamo prendere il coraggio a due mani e farne una vera e reale una volta per tutte?

Certo riformare il mercato del lavoro non sarà certo la soluzione di tutti i problemi, per iniziare ad indirizzarci verso la strada giusta di una ripresa dobbiamo proprio cambiare il nostro modo di pensare, il nostro modo di essere italiani, eliminare tutta quella zavorra antipatica tipica dell’italiano (furbetti del quartierino, pubblico diverso dal privato, la furbizia di trovare sempre il modo di aggirare le regole, ecc..) e tenere solo quello che di buono abbiamo e ci sono tante cose che ci distinguono in positivo (made in Italy, la genialità, la preparazione, l’elasticità mentale, lo spirito di adattamento, la voglia di fare, ecc.). Anche questa è una bella sfida…. anzi io credo che la vera sfida sia proprio questa, saremo capaci di coglierla? Oppure continueremo a piangerci addosso e non risolvere nulla? Renzi è avvisato.

Beh intanto bentrovati!!

Alla prossima!