Mese: novembre 2014

Analisi della crisi del sistema Paese – 1° puntata

Postato il

Che tipo di capi e collaboratori hanno bisogno le ns. aziende?

In questi mesi durante il mio girovagare per aziende, sto sempre più prendendo coscienza del perché l’Italia sembra non trovare la fine del tunnel di questa crisi che sembra essere infinita.

Sono sbalordito di quante eccellenze abbiamo a disposizione sia in termini di imprese che di singoli professionisti. Aziende e professionisti che però faticano ad incontrarsi, a mettersi in contatto gli uni con gli altri; vuoi perché si trovano a chilometri di distanza gli uni dagli altri, vuoi perché gli attuali organi di rappresentanza sono in piena crisi e faticano ad aggregare, anzi spesso sono in totale disgregazione.

Mi sono dato il compito di riuscire, nel mio piccolo, a mettere in contatto queste eccellenze, perché è da loro che questo Paese può tornare a correre, uscendo dall’immobilismo in cui si trova, riportando al centro la persona ed il fare impresa in modo innovativo, essendo predisposti al cambiamento.

La stampa, la politica, i talk show televisivi ci raccontano però spesso e volentieri l’altra faccia del Paese, quella legata ai vecchi modi di fare politica, ad una visione del mercato del lavoro che non c’è più, ad un settore pubblico ancora privilegiato rispetto al privato, ad un modo di fare impresa e ad un management ormai decisamente superato. Mi sono ripromesso di affrontare questi temi con una serie di post che andranno a toccare i vari argomenti; con questo primo articolo voglio toccare proprio il sistema di management che spesso, molto spesso, troviamo nelle aziende.

Prendo spunto da una discussione nata su LinkedIn nell’ultima settimana dal titolo “YES MEN non sono necessari e nemmeno utili….” in cui, prendendo spunto dalla immagine sopra riportata, si voleva mettere in evidenza come sia necessario per le imprese avere collaboratori e capi disposti a mettersi in discussione, liberi di proporre e di valutare proposte. Potrebbe sembrare una ovvietà, io stesso mesi fa toccai l’argomento, eppure dalla discussione emerge un quadro totalmente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare. Ecco alcuni dei commenti in cui ometterò il nome del commentatore per motivi di privacy:

Sarà vero in teoria, ma, nella realtà, i/le capi/e amano circondarsi di rassicuranti leccaculo, anziché confrontarsi con collaboratori dotati di capacità d’iniziativa e di spirito critico. Del resto, i libri di economia aziendale, infarciti di astrazioni simili al messaggio che hai pubblicato, sono scritti da persone che non hanno mai lavorato in un’azienda!

Assolutamente d’accordo.. Purtroppo particolarmente in Italia e assolutamente nelle aziende pubbliche bisognerebbe rimuovere quelli che credono di essere dirigenti ma sono solo impiegatocoli al servizio del padrone…quanta strada da fare ancora in questo paese

Mah… Gli yes men si chiamano cosi perche’ la definizione e’ nata in america… Quindi yes men o not men non si nasce, si diventa… Uno yes man a chista sopra ha sempre fatto molto comodo e continuera’ a farlo…

Per alcuni, essere sempre d’accordo con il proprio AD o DG, ha voluto dire e vuole dire fare carriera o essere tra gli intoccabili nelle aziende. Io ho sempre creduto e credo, che fare bene il proprio lavoro e mettere in campo la propria professionalità voglia dire anche contraddire il proprio AD o DG “aiutandolo” a prendere le decisioni giuste, contraddire non è una dichiarazione di guerra, ma sintomo di intelligenza professionali che non tutti, al di là delle competenza hanno

Io sono definito un “rompiballe”, anche se qualcuno aggiunge che ne vorrebbe 10 di rompiballe come me. Dipende sempre dalle condizioni delle divergenze. In alcuni casi ho dovuto abbandonare il progetto prima dello schianto. Confermo che siamo personaggi poco graditi in certi ambiti…..

Situazione vissuta a entrambe le parti: sia come dg, sia come dirigente. stando sopra, avevo in uggia chi era d’accordo a prescindere…che me ne faccio di uno che non dà contributi? così come il bastian contrario preconcetto. Apprezzavo, e non credo possa essere diversamente, chi si comportava come me “sotto”: chi educatamente, cercava di argomentare una posizione diversa: ascoltavo per sommare la mia intelligenza e la mia visione a quella di altri; di solito con buoni risultati. non nego però che spesso la mia voglia di dir la mia non è piaciuta. magari con conseguenze!

Insomma capite bene come in realtà in Italia si predichi bene e si razzoli decisamente male, non c’è stato un commento uno che non si sia trovato d’accordo con quanto riportato nell’immagine, ma che all’atto pratico si è trovato in condizioni completamente diverse. Ha ragione la persona che dice che in Italia fai spesso carriera se sei sempre d’accordo con il tuo capo sia esso l’imprenditore che il dirigente di turno, come è altrettanto vero quanto riportato nell’ultimo commento, ovvero che spesso quando si ha la voglia di dire la propria difficilmente si piace e al contrario spesso si subiscono conseguenze.

Il propositivo è una risorsa per l’azienda, invece spesso diventa un problema da gestire, si diventa i cosiddetti “rompiballe” e spesso ci si ritrova messi alla porta; uno dei passi che questo Paese deve fare per ripartire è proprio quello di partire dalla frase delle fotografia, apriamoci al dialogo, rendiamo le nostre aziende un luogo in cui confrontarsi e far si che tutti contribuiscano al loro successo, proprio come avviene in quelle aziende di cui parlavo all’inizio, in quelle eccellenze che nonostante la burrasca, navigano senza timore di essere ribaltate. Questo non significa che dobbiamo contornarci di bastian contrari (esistono anche questi e lo sappiamo bene tutti) ma semplicemente ascoltare tornando veramente a mettere al centro le persone, un’azienda senza le persone che la compongono è una scatola vuota che può fare ben poco, ricordiamocelo.

Alla prossima!!

Una scuola da rifondare

Postato il Aggiornato il

Ma che scuola abbiamo oggi?

Questa volta vi racconterò semplicemente quanto accaduto ad un genitore che si è recato ad un normale e classicissimo colloquio con un insegnante del figlio, in merito al suo andamento scolastico. Per ovvi motivi di privacy i nomi riportati sono totalmente inventati così come la materia, vi garantisco però che tutto il racconto è realmente accaduto.

Mancano trenta minuti all’appuntamento con la professoressa Bortolotti, il papà di Mario si sta preparando in fretta per arrivare puntuale, anzi in realtà si è posto l’obiettivo di arrivare almeno cinque minuti prima perché il rispetto per le persone e per il loro lavoro viene prima di ogni cosa; tra se e se dice: “Devo muovermi, critichiamo sempre il pubblico, diamo il buon esempio anche attraverso la puntualità e poi, i professori, hanno tanto da fare mica sono a mia disposizione.” Con i nuovi sistemi elettronici oggi i voti, le assenze, le comunicazioni scuola famiglia sono visibili in tempo reale su qualsiasi dispositivo mobile connesso ad internet, un bel passo in avanti da quando, ai tempi del papà, si poteva anche bigiare la scuola attraverso una giustificazione firmata, al rientro, dal compagno di classe esperto grafologo, che imitava alla perfezione le firme di tutti i genitori della classe.

Oggi per ottimizzare il tempo, pur essendo rimasti gli orari di ricevimento, i professori ricevono solo su appuntamento, in fondo lo fanno anche i parrucchieri, non vedo perché non dovrebbero farlo loro. Così il papà nei giorni precedenti, ha regolarmente preso appuntamento, per iscritto con tanto di conferma controfirmata, con la Prof. Bortolotti.

Ma torniamo a dove avevamo lasciato il genitore, intento a preparasi di tutto punto per il colloquio, ah… dimenticavo, il figlio fa la terza media, un dettaglio che però va esplicitato. Mancano ancora 10 minuti all’appuntamento ed il papà è già pronto e suona alla porta di ingresso della scuola, il bidello che funge da segretario lo accoglie con non poca sorpresa, il genitore si presenta: “Buongiorno ho appuntamento con la Prof. Bortolotti” il bidello, con aria sconcertata, risponde: “Francamente non l’ho ancora vista”, il papà gli conferma di essere in anticipo per cui non ha alcun problema ad attendere. Dopo circa 5 minuti ecco la Prof. Bortolotti presentarsi all’ingresso e dire: “C’è qualcuno per la Prof. Bortolotti?” il papà ha un accenno di sorpresa, visto che avendo appuntamento, la professoressa dovrebbe ben sapere chi l’attende, ma poco importa… prontamente risponde “Si!! Eccomi, buongiorno sono Giovanni Manfredini, papà di Mario”, la professoressa senza rispondere seppur stringendogli la mano, gli fa strada all’interno del suo ufficio.

Inizia così il colloquio, la Bortolotti esordisce con una domanda che sorprende positivamente il Sig. Manfredini: “Lei ha visto i voti di suo figlio?”, Manfredini tra se e se: “Hai capito la Prof… brava così mi piace, visto che ormai c’è il registro elettronico, vuole vedere se come genitori seguiamo i ragazzi. Una bella cosa, in effetti molti genitori predicano bene e razzolano male” e risponde “Si si chiaramente, ha preso 8”, la Bortolotti “Ah beh!!! Se ha preso 8 allora va bene!!”. Il papà con aria sbigottita rimane con un espressione che all’incirca significa “mi sembra ovvio, a meno che i voti non si siano invertiti”; per riprendersi dal momento di imbarazzo la Bortolotti si lancia in una spiegazione completa, di quale sia il suo metodo di insegnamento e di come sia importante per lei il rispetto e le buone maniere all’interno della classe. Il Sig. Manfredini, rimane abbastanza impressionato dal modello educativo, innovativo se vogliamo e sicuramente interessante; al termine tenta di riportare il colloquio sui temi riguardanti il figlio e si riallaccia alla prima domanda circa i voti aggiungendo “Ha esordito con un 8 ha poi avuto un piccolo calo nella seconda interrogazione ma alla terza è tornato all’8”, la Bortolotti risponde: “Ah!!! Ha già tre voti?” …… segue un interminabile momento di silenzio in cui il padre sorpreso dall’ennesima risposta sconclusionata della professoressa, inizia a pensare di essere vittima di uno scherzo, eppure non siamo in Aprile ed Halloween è passato da poco, nei suoi pensieri si fanno largo espressioni del tipo “si si non ho dubbi, adesso arriva il bidello e mi dice che sono su Scherzi a Parte”.

Purtroppo non arriva nessuno, passano i minuti così il Sig. Manfredini tenta per l’ennesima volta di riprendere le fila del discorso: “Volevo avere una sua impressione sul comportamento di mio figlio in classe, sa io e mia moglie ci teniamo molto alla buona educazione e cerchiamo di fare il massimo, ma questo non ci può garantire che poi, lontano dalle pareti di casa, mio figlio sia sempre ligio. Lo dico anche perché sono un po’ preoccupato dal recente consiglio di classe, la comunicazione di resoconto arrivata ai genitori, evidenzia una classe che sembra essere un po’ vivacetta; lei che mi dice?” la Bortolotti con l’aria più naturale del mondo, dopo ben 20 minuti di colloquio sulla filosofia dell’insegnamento risponde: “Ah si certo… mi scusi mi ricorda che classe fa suo figlio?” a questa ennesima domanda fuori luogo il papà incredulo alle sue orecchie rimane con una espressione che significa inequivocabilmente “Ma mi sta prendendo per il c…o???????????”; vorrebbe dirgliene di tutti i colori, ma sa bene che se lo farà ci rimetterà solo suo figlio, così con qualche minuto di meditazione zen e di “ohmmmm ohmmmm” interni comunica alla prof. la classe del figlio. La Bortolotti risponde: “Ah beh si… in effetti… sembrerebbe… cioè con me poi non tanto… però insomma”.

Il colloquio termina così, con il Sig. Manfredini che si allontana pieno di domande esistenziali del tipo “Ma a chi diamo in mano i nostri figli ogni giorno?? Mio figlio è una persona fisica con un carattere, dotato di parola e di intelletto, oppure un ectoplasma trasparente senza personalità?? Quale attenzione gli viene riservata nell’apprendimento??” alla fine si sente quasi all’interno della pubblicità di una nota azienda finanziaria il cui slogan dice “Le grandi domande sono cambiate” e parte poi la musica con la canzone dei Gorillaz che fa: “I’aint happy, I’m feeling glad, I got sunshine in a bag, I’m useless but, not for long, the future is coming out” ovvero “Non sono felice, ma mi sento allegro, ho rinchiuso i raggi di sole in una valigia, sono inutile, ma non per molto ancora, il futuro mi viene incontro” che in una situazione del genere calza a pennello, in fondo meglio riderci sopra… si per non piangere, con l’augurio che il futuro che viene incontro sia migliore.

In effetti non tutte le scuole sono così, come non tutti i professori sono così, personalmente conosco insegnanti seriamente preoccupati per i loro studenti, che cercano e vogliono con tutte le loro forze, aiutarli a prepararsi al futuro; si rendono conto che la scuola è ancora lontanissima dal mercato del lavoro e per questo chiedono aiuto a professionisti come il sottoscritto, per cercare di fare un seppur minimo orientamento al mercato del lavoro per i loro ragazzi; ripartiamo da qui e cambiamo un sistema che, purtroppo, non è più in linea con le esigenze del mondo che cambia; impariamo a mettere la risorsa umana veramente al centro, sin dai periodi della scuola.

Alla prossima!!