Outplacement
Sai che c’è? C’è che mi regalo un’azienda!
Venerdì scorso sul Corriere della Sera mi sono imbattuto in uno dei soliti articoli interessanti di Dario Di Vico dal titolo “Se un giovane su quattro decide di assumersi da solo“, mi è subito venuta l’ispirazione per scrivere questo post il cui titolo è emblematico. L’articolo tratta un argomento come quello di fare impresa che sta muovendo molti giovani ad autimpiegarsi per far fronte al precariato ed alla disoccupazione che come sappiamo, tocca i suoi massimi proprio tra i ragazzi.
Mi ha fatto particolarmente piacere leggere l’articolo perchè è la dimostrazione di quello che (chi mi segue lo sa) dico da un pò, ovvero che i giovani oggi altro che bamboccioni, sono forse gli unici che hanno capito realmente che è in atto un cambiamento sostanziale della nostra economia e del modo di intendere il lavoro, si stanno attrezzando e sono pronti a mettersi in gioco in prima persona, ben sapendo che nulla sarà più come prima e che attendere che qualcosa cambi da sola non porterà da nessuna parte. In questo senso la frase di Di Vico è emblematica “Sono ragazzi che hanno perso le aspettative di un tempo e hanno maturato una consapevolezza diversa. … riconoscono che la meritorcrazia si sposa meglio con una propria iniziativa piuttosto che con una scrivania in un ufficio pubblico.”
Sarebbe sbagliato però pensare che i giovani avviano proprie attività solo perchè non hanno possibilità di trovare sbocchi alternativi come lavoratori dipendenti (il 36,4% ha messo questa come giustificazione – Centro Studi Unioncamere), la maggior parte di essi si muove in tal senso perchè ha un fortissimo desiderio di autorealizzazione (ben il 47,1% – Centro Studi Unioncamere) e questo significa maggiore autoconsapevolezza e, parimenti, che le aziende siano esse multinazionali o pmi non fungono più da potente richiamo per le nuove professionalità.
Perchè avviene questo? Sicuramente perchè, come dicevo prima, i ragazzi hanno voglia di fare, hanno voglia di mettersi in gioco, di essere positivi anche in condizioni difficili, in questo senso l’autoimpiego è sicuramente una scarica di adrenalina che li percorre e che gli permette di guardare al mondo con fiducia. L’altro aspetto costituisce l’ennesimo campanello di allarme per le aziende: l’aver tirato troppo la corda in questi anni, in alcuni casi anche aprofittando della situazione, con stage, contro stage, apprendistati e tempi determinati ha convinto i giovani a dire “se proprio devo rischiare rischio di mio, almeno se le cose vanno bene raccoglierò interamente i frutti“, inoltre il senso di soddisfazione che si prova a fare qualcosa di nostro non ha paragoni.
Sempre dall’articolo emergono anche altre caratteristiche positive di questa scelta di vita, i nostri ragazzi hanno una forte propensione alla mobilità territoriale, altro cambiamento epocale rispetto alle generazioni precedenti, i dati riportano che ben il 50% degli intervistati è pronto a muoversi anche all’estero e che solo il 20% non ha intenzione di lasciare il terriotrio di origine.
Questo segnale lanciato dai giovani credo debba essere colto da tutti, dalle imprese “old style” per capire che è ora di darsi una sveglia e di cambiare veramente le cose, dalle generazioni come la mia per capire che a volte, scegliere di mettersi in gioco può essere una via per rinvigorire la propria autostima e ritrovare la dignità perduta; dal governo e dalla politica in genere per capire che è giunta l’ora di snellire le procedure, favorire l’imprenditorialità anche attraverso tassazioni agevolate e sostegno alle start-up.
Alla prossima!!
Business is business… ma la professionalità non si inventa.
Mio malgrado, devo tornare su un argomento che ho già trattato in questo blog: la scelta della società di outplacement a cui affidarsi per un percorso di ricollocamento professionale. Devo tornarci perchè nelle ultime settimane si stanno moltiplicando le persone che si trovano nella necessità di utilizzare un percorso di ricollocamento messo a disposizione dall’azienda e che si ritrovano ad essere gestiti da società che sono alle prime armi o, in alcuni casi, che non hanno mai svolto percorsi di ricollocamento. Lo dico a ragion veduta perchè negli ultimi giorni, appunto, sono sempre più le persone che mi contattano via Linkedin, via posta elettronica o di persona e mi chiedono spiegazioni su come funziona il servizio perchè quello di cui stanno usufruendo sembra essere tutto tranne che outplacement.
Chi segue questo blog da tempo sa bene che a luglio 2012 affrontai l’argomento con un post in cui spiegavo passo passo, come fare per fare una scelta consapevole della società di ricollocamento professionale più adatta alla proprie esigenze e che potesse fornire garanzia del proprio operato (vedi post Outplacement: diffidare delle imitazioni). Da allora la situazione anziché migliorare sta peggiorando a vista d’occhio, per diversi motivi che cercherò di spiegarvi cercando di essere chiaro, fornendovi un approfondimento sul percorso migliore da seguire per selezionare la società di outplacement più.
1) L’Albo informatico delle agenzie accreditate al Ministero del Lavoro: a luglio dissi che il primo step da seguire per sapere se la società che ci è stata indicata o che ci ha contattato fosse accreditata, era quello di verificarlo nell’albo elettronico del Ministero del Lavoro. Confermo quanto riferito ma aggiungo una ulteriore selezione, l’albo citato ha 5 sezioni e gli accreditamenti sono a cascata ovvero chi è accreditato per la sezione 1 – Somministrazione di lavoro di tipo generalista in automatico ha l’accreditamento anche per le altre quattro sezioni (2 – Somministrazione di lavoro di tipo specialista, 3 – Intermediazione, 4 – ricerca e selezione del personale, 5 – Supporto alla ricollocazione professionale) con il risultato che basta che una società sia accreditata come società di somministrazione che in automatico può svolgere tutte le altre attività ivi compreso il supporto alla ricollocazione professionale (outplacement).
Ora come tutti potete ben immaginare, con la crisi economica in cui ci troviamo, il servizio di ricollocazione negli ultimi tempi sta sempre più prendendo piede, sia perché la riforma Fornero lo ha in parte portato alla ribalta inserendolo tra gli strumenti da utilizzare nella procedura di licenziamento e come politica attiva del lavoro, sia perché le aziende, cercando sempre più di aiutare i propri ex dipendenti colpiti dai tagli al personale a trovare un nuovo lavoro, tendono sempre più a proporre l’uso dell’outplacement.
Al tempo stesso l’uso della somministrazione è crollato per ovvi motivi, con la conseguenza che le Agenzie per il Lavoro catalogate al punto 1, che avevano sempre fatto del lavoro interinale il loro core business, oggi vedono i loro introiti drasticamente crollati. Nell’ottica di recuperare parte delle perdite, tutte le agenzie hanno deciso di voltare il loro sguardo su business che fino a ieri, molte di esse, non avevano neanche mai calcolato, l’outplacement appunto, forti del fatto che, per il gioco delle autorizzazioni a cascata, le stesse possono anche fornire supporto alla ricollocazione. Sulla carta però, perché all’atto pratico non avendolo mai fatto potete immaginare come si propongono sul mercato: programmi bislacchi, tempistiche assurde, assoluta mancanza di professionalità il tutto a danno degli ignari utenti (i lavoratori licenziati) che non si capacitano di come possa essere così scarso il servizio.
Non possiamo fare di tutta un’erba un fascio, le agenzie per il lavoro più grandi e strutturate da sempre hanno creato o spesso hanno acquisito, società che si occupano solo di ricollocazione (catalogate al famoso punto 5 dell’albo), le altre invece per mere esigenze di business hanno iniziato a percorrere una strada nuova, regolare sia chiaro in base alla classificazione di cui sopra, solo da pochissimo tempo con i risultati che potete ben immaginare.
2) AISO Associazione Italiana Società di Outplacement: di conseguenza con quanto riportato sopra, mi sento di voler raccomandare a chi deve scegliere una società a cui affidarsi in un percorso di ricollocazione, di guardare inizialmente direttamente al punto 5 dell’albo informatico del Ministero del Lavoro, perché in esso sono contenute le sole società che fanno della ricollocazione professionale il loro mestiere da sempre. Ma questo non è sufficiente perchè potrebbero trovarsi all’interno società meramente locali e quindi con poca conoscenza globale del mercato del lavoro; il secondo step che suggerisco è quindi quello di andare a vedere le società iscritte all’AISO l’associazione che racchiude in se tutte le maggiori società di outplacement che fanno questo mestiere da sempre e che hanno un grado di specializzazione elevato con personale specializzato.
3) Sito web delle società iscritte all’AISO: ulteriore passaggio per avere una idea ancora più precisa circa le società iscritte in AISO è quella di andare sul loro sito web cercando di ampliarne la conoscenza.
4) Colloquio preliminare: ultimissimo step, una volta che avrete selezionato la società, è quella di chiedere un colloquio preliminare con uno dei consulenti della stessa, un colloquio che non costa nulla e che non è impegnativo per nessuno ma che serve a chiarire dubbi, avere un quadro migliore della società e della professionalità dei suoi collaboratori a cui dovrete affidare il vostro percorso di ricollocamento. Se non siete soddisfatti di quanto presentato potrete sempre rivolgervi ad un’altra società.
Siete voi i protagonisti del vostro futuro per tale motivo è assolutamente necessario che siate in grado di fare una scelta consapevole della società che dovrà supportarvi nel processo di ricollocamento, essendo in possesso di tutte le informazioni necessarie per farla, perchè è pur vero che business is business, ma la professionalità non si inventa.
Alla prossima!!
Il mercato del lavoro ed il paragone con Sky e Mediaset Premium
Venerdì scorso mi sono imbattuto in un articolo del Corriere della Sera (che trovate qui) in cui veniva citata una ricerca che ha recentemente fatto l’azienda multinazionale di software Bullhorn. In questa ricerca tra le altre cose veniva evidenziato, a mio parere in maniera paradossale, che le aziende preferiscono assumere una persona che ha magari dei precedenti penali (leggeri chiaramente) ma in piena attività nel mercato del lavoro, piuttosto che una persona con fedina penale intonsa, che si trova fuori dal mercato del lavoro da circa due anni.
Stiamo parlando di una domanda posta a ben 1.500 manager del mondo HR, non possiamo quindi dire di trovarci davanti ad un campione irrisorio; ebbene per 4 interpellati su 10 è molto difficile collocare persone che sono fuori dal mercato del lavoro da più di due anni, non solo, per il 36% degli stessi intervistati è difficile collocare anche chi è fuori dal mercato del lavoro da un solo anno. Ecco quindi il paradosso citato ad inizio post che, purchè lavorino, risulta più facile persino far assumere persone che hanno una fedina penale con qualche macchia rispetto a chi è fuori dal mondo del lavoro.
Naturalmente questa affermazione va presa come provocazione, non può certo essere un incitamento a deliquere ci mancherebbe altro, ci fa però tornare su quanto disse qualche settimana fa il Ministro Fornero in merito al fatto di non essere troppo “choosy” ma di cogliere ogni opportunità che ci si presenti davanti, pur di rimanere ancorati al mercato del lavoro.
Da consulente di outplacement sapete che più e più volte ho fatto presente che è meglio fare un passo indietro e tornare attivo, piuttosto che rimanere fermi sulle proprie posizioni e continuare a guardare il mondo del lavoro da fuori, con il tempo che inesorabilmente scorre e che, come evidenziato dalla ricerca, non può certo essere definito come amico.
In questo post però voglio aggiungere altro, parlando a quei lavoratori che oggi si trovano per malaugurata sorte sotto ammortizzatori sociali, alle organizzazioni sindacali che tutelano i diritti dei lavoratori e le imprese, alle imprese che sono alle prese con riorganizzazioni e tagli ed a tutti quei lavoratori che, pur essendo ancora in azienda, sanno perfettamente di essere coinvolti in progetti di ristrutturazione aziendale. I dati menzionati da questa ricerca parlano chiaro: le aziende da un lato devono ristrutturarsi causa crisi, ma dall’altro quando assumono, perchè lo ribadisco… ASSUMONO (il mercato del lavoro è sempre in movimento), lo fanno volgendo lo sguardo a persone che siano attive sul mercato del lavoro o che ne siano usciti da pochissimo tempo, basti pensare che nella ricerca di Bullhorn, esagerando a mio parere, il 4% degli intervistati afferma che una collocazione è comunque difficile indipendentemente da quanto si è fuori dal mercato del lavoro.
Ai lavoratori sotto ammortizzatori sociali, alle Organizzazioni Sidacali, Confindustria, alle imprese coinvolte in riorganizzazioni ed ai loro lavoratori dico chiedete e proponete lo strumento dell’outplacement, al di la della Riforma Fornero che ha messo le primissime basi per istituzionalizzare lo strumento. I dati della ricerca danno una ulteriore conferma, affrontare il mercato del lavoro da fuori e soprattutto da soli è sempre difficile, oggi lo è ancor di più; essere accompagnati nella ricerca di nuove opportunità è una occasione da non perdere per i lavoratori ed un atto di responsabilità sociale per le imprese, sindacati e confindustria.
Visto che parlo di ricerche, vi ricordo che una Unioncamere ha attivo un sistema informativo per l’occupazione e la formazione chiamato Excelsior che oggi è diventato la base di raccolta dati sul mercato del lavoro (lo trovate qui), non solo conferma la mia affermazione sulle assunzioni delle aziende (nel IV trimestre 2012 sono previste 218mila assunzioni) ma ricorda che in Italia, chiunque si metta alla ricerca di un posto di lavoro ha accesso solo al 15% di tutte le opportunità presenti mentre il restante 85% rimane nascosto perchè viaggia su canali alternativi quali il passaparola. E’ come se, parlando in termini televisivi, chi ha il digitale terrestre in chiaro vedesse il 15% del mercato del lavoro, e solo chi ha Mediaset Premium o SKY ha accesso al totale delle opportunità presenti. Chi si occupa di outplacement è come se fosse SKY o Mediaset Premium che da la possibilità ai suoi abbonati di vedere tutto; le società specializzate in ricollocamento professionale (questa la traduzione in italiano di outplacement) hanno accesso alla quasi totalità delle opportunità perchè hanno i contatti diretti con le aziende cosa che difficilmente una persona qualsiasi ha a meno che non abbia un network di conoscenze ampio e ben curato.
Usufruire di un percorso di ricollocamento diventa quindi una opportunità, proporlo significa dimostrare rispetto e responsabilità verso quelle persone che, per cause di forza maggiore come azienda, sarò costretto a licenziare.
Alla prossima!
OUTPLACEMENT: diffidare dalle imitazioni
Ritorno a parlare di outplacement e lo faccio sollecitato da persone che mi contattano da Linkedin o via email per chiedere spiegazioni sul servizio; ultimamente queste persone sono bombardate da offerte più o meno esplicite di fornitura di servizi di outplacement o similari, proposte da fantomatici consulenti o aziende che di ricollocazione professionale conoscono poco o nulla.
Ho deciso di scrivere questo post per fare chiarezza anche perché, il momento storico in cui viviamo è assolutamente negativo specialmente dal punto di vista occupazionale, molte persone oggi vivono una situazione di profondo disagio morale e psicologico a causa della perdita del posto di lavoro, sapere che esistono persone sul mercato disposte ad approfittarsi di questi disagi, lo trovo veramente di cattivo gusto e profondamente deleterio per chi, questo lavoro, lo fa di professione e da sempre con serietà e competenza.
Premetto che questo post non vuole essere un’auto incensamento o un volersi erigere sopra ad altri, lascio a chi ha avuto modo di incontrarmi sulla sua strada, il giudizio sulla mia professionalità, così come non nomino l’azienda per cui lavoro (non l’ho mai fatto sul blog per correttezza) chi ha interesse può andare sul mio profilo Linkedin per scoprirlo; la mia è un’alzata di scudi a difesa in primis delle persone che si trovano in questa disgraziata situazione e che meritano rispetto e subito dopo a difesa di tutte quelle società serie che operano nel mercato da sempre e che fanno di questo mestiere IL MESTIERE.
L’outplacement è una forma di politica attiva rimasta per troppo tempo ai margini del mercato del lavoro in Italia, usata per lo più dalle multinazionali nella gestione degli esuberi di una categoria ben definita i manager (quadri e dirigenti in primis); oggi grazie anche al dibattito scaturito con la riforma del mercato del lavoro, lo strumento è salito alla ribalta attirando l’attenzione, oltre che dei possibili fruitori, anche di chi ha visto nel servizio, la possibilità di incrementare il fatturato. Ecco quindi che chi fino a ieri forniva servizi di altro tipo legati alle risorse umane, oggi improvvisamente diventa specialista dell’outplacement, oppure chi, non avendo l’autorizzazione ministeriale (perché occorre averla per esercitare questo mestiere) si inventa fantomatici servizi per favorire l’auto-impiego.
Voglio cogliere l’occasione per dare alcuni consigli per chi si trova o si troverà (spero di no) nelle condizioni di dover usufruire del servizio di ricollocamento professionale:
1) Controllare che la società fornitrice del servizio abbia l’autorizzazione ministeriale, per farlo basta andare su questo sito del Ministero del Lavoro (http://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/alboinformatico.aspx) ed alla voce sezione scegliere “Sezione 5: Supporto alla ricollocazione professionale” cliccate “cerca” e vi appariranno tutte le società regolarmente accreditate per questo servizio.
2) Il secondo step è quello di verificare se la società a cui ci si vuole affidare è iscritta ad AISO (Associazione Italiana Società di Outplacement) al seguente sito http://www.aiso-outplacement.it/ AISO nasce nel 1988 e raccoglie le principali società che svolgono attività di Outplacement e di Career Counseling; aderiscono ad un codice etico che regolamenta l’attività delle società nei confronti delle aziende committenti e dei candidati affidati nel senso del più rigoroso rispetto e tutela degli interessi reciproci, come riportato nello stesso sito.
3) Il servizio può essere fornito ai candidati solo su incarico dell’azienda che concorda l’uscita del proprio dipendente, non è possibile per legge fornire il servizio ai privati. A questi ultimi è possibile fornire una consulenza di carriera che prevede alcuni passaggi iniziali del programma, la società che fornisce il servizio dovrà però fermarsi nel momento in cui si attiverà il contatto con il mercato del lavoro.
4) Controllate in internet il sito della società ed acquisite informazioni sempre sul web, in merito alla società a cui vi vorrete rivolgere.
5) In ultimo chiedete un colloquio preliminare e senza impegno con un referente della società di outplacement e chiedete che vi sia lasciata della documentazione sul servizio.
Pochi punti ma fondamentali per scoprire chi è un professionista e si occupa di ricollocamento da sempre e chi invece si improvvisa tale; proprio oggi durante un’incontro preliminare con un gruppo di lavoratori ho fatto questa similitudine semplice ma utile a capire: “se vi siete slogati una caviglia, non andate dal medico generico ma vi affidate alle cure di un ortopedico in grado di dirvi se si tratta di una semplice slogatura o se l’infortunio nasconde qualcosa di più grave”, lo stesso discorso deve essere applicato quando dovete scegliere a chi affidare il vostro futuro professionale.
Alla prossima!
Consulente di Outplacement: il mio lavoro per gli altri.
Spesso parlo di cosa sia l’outplacement, di come questo strumento sia una delle poche reali politiche attive del lavoro esistenti oggi in Italia. Discuto ed argomento di come vorrei che la riforma del lavoro andasse nella direzione di un uso sempre più diffuso del ricollocamento professionale, spiego i vari passaggi di un percorso di outplacement e via dicendo, non ho mai parlato però sino ad oggi di quale si il mio stato d’animo quando affronto un percorso di ricollocamento, quando incontro persone che sono in procinto di perdere il posto di lavoro o lo hanno perso da pochi giorni, il rapporto che si instaura con chi sceglie di affidarsi e me per trovare nuove opportunità di lavoro e delle sensazioni che provo quando insieme arriviamo al traguardo.
La scorsa settimana si sono verificati diversi episodi piacevoli che hanno messo in evidenza i motivi per cui ho fatto di questo lavoro la mia professione, del perché ogni giorno mi alzo con il sorriso e la carica per affrontare un’altra giornata di lavoro. Ho deciso di rendervi partecipi di queste mie sensazioni, esulando per una volta dai post prettamente “tecnici”, raccontando un po’ di me.
E’ indubbio che, agli occhi dei più, il sottoscritto possa apparire come uno che fa business sulle disgrazie altrui, fondamentalmente vengo pagato per ricollocare persone che per essere ricollocate, devono prima perderlo il posto di lavoro.
Chiaramente non è quello il motivo che mi ha fatto scegliere di intraprendere questa professione, anzi vi assicuro che spesso quando incontro per la prima volta le persone che dovranno decidere se affidarsi a me per trovare nuove opportunità di lavoro, non sono mai momenti esaltanti.
Le persone che hanno perso il posto di lavoro si sentono come se fossero state denudate in pubblico, come se la loro dignità fosse stata calpestata, si sentono impotenti… vuote, c’è chi reagisce con rabbia verso i suoi ex datori di lavoro, chi invece si abbandona alla disperazione, chi ti dice “e adesso che faccio?”, chi invece sente di non riuscire più ad essere utile alla sua famiglia, di non sapere come fare a soddisfare le esigenze di moglie/marito e figli.
In quel momento sono il loro confessore, sono il loro sfogo, divento la loro ancora di salvezza, il salvagente a cui aggrapparsi in mezzo al mare in tempesta. Le mie parole sono per loro la sola speranza su cui fare affidamento; da tutto questo deriva un forte senso di responsabilità in me, proprio perché percepisco questo bisogno di fiducia in ognuno di loro, questa necessità di vedere un raggio si sole in mezzo al cielo grigio gonfio di pioggia.
Chi mi conosce sa che non ho mai promesso un posto di lavoro certo, mi sono sempre guardato dal dire “scegli me che ho già il posto di lavoro pronto per te”, sa che per prima cosa cerco sempre di infondere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, di lavorare sul recupero dell’autostima fortemente colpita dall’evento negativo, sa che da quel momento in me trova un alleato pronto a guidarlo nel percorso di ricollocamento, sempre disponibile che darà tutto per vederlo tornare a sorridere.
In tante persone durante questi colloqui mi domandano “perché hai scelto di fare questo lavoro?” io rispondo sempre allo stesso modo “perché amo la gente, amo i rapporti interpersonali”… ecco il reale motivo per cui ho scelto questa professione, perché ho approfondito gli studi diventando coach professionista, perché non smetto mai di leggere e di studiare sulla psicologia umana. Sono assolutamente convinto che chi opera nelle risorse umane deve per prima cosa avere dentro di se l’amore per le persone, se non c’è questa passione dentro non potrai mai fare il tuo lavoro al meglio.
Parlavo di senso di responsabilità, quando una persona sceglie me, si affida a me, vuol dire che ho trasmesso qualcosa, in particolare ho trasmesso fiducia. La persona ha deciso di investire su di me, quale responsabilità maggiore? Come posso non dare tutto me stesso per far si che quella scelta si riveli la scelta giusta?
Il percorso di ricollocamento è lungo, con sali e scendi di emozioni, quante volte dopo qualche mese dall’avvio del programma mi sento dire “ma riuscirò a trovare un nuovo lavoro? La situazione economica è sempre peggiore, arriverà qualche opportunità?” io sono sempre li, presente e pronto a rincuorare ed a scuotere in caso di eccessiva negatività ma anche a richiamare alle proprie responsabilità se vedo un rilassamento nelle attività da svolgere ed alla fine?
Alla fine i risultati arrivano… non c’è cosa più bella che sentire la telefonata di una persona che stai assistendo che ti dice “Riccardo!!! Mi hanno preso!!! Hanno scelto me inizio la prossima settimana!!!”. Vivo con loro la felicità per essere arrivati al risultato tanto sperato, sorrido con loro perché sento di aver ripagato la fiducia che mi hanno donato, sento di aver in un certo modo premiato l’investimento che hanno fatto sulla mia persona e mi sento bene… tanto bene, non c’è cosa migliore che aiutare un uomo a ritrovare la propria dignità, tornare a farlo sentire protagonista della vita del Paese, tornare a farlo sentire fiero davanti alla propria famiglia.
Tornare a casa e rispondere alla domanda di mio figlio “papà cosa hai fatto oggi?” “ho fatto sorridere un amico”, “bravo, allora adesso fai sorridere anche me?”.
Alla prossima!!
L’intervista al Corriere Adriatico: “Ecco come ti ricolloco il disoccupato”
Il 1° Maggio, giorno della Festa del Lavoro che mai come oggi risulta essere una festa molto importante e ricca di significati e di speranza, il Corriere Adriatico, quotidiano numero uno della regione Marche, mi ha intervistato per parlare di outplacement.
La ricollocazione professionale è una delle poche politiche attive del lavoro che oggi possono essere messe sul piatto per aiutare chi ha perso il lavoro, a trovare una nuova collocazione. Purtroppo è uno strumento ancora poco conosciuto in particolare tre le piccole e medie imprese, mentre le multinazionali e le grandi aziende, al contrario, già conoscono lo strumento e lo usano con costanza.
Il “quotidiano delle Marche” per definizione ha una diffusione prettamente regionale, ho pensato quindi di pubblicare qui nel blog, il testo dell’intervista per permettere a chiunque di leggerlo, in un’ottica di ulteriore diffusione della conoscenza della ricollocazione professionale.
ECCO COME TI RICOLLOCO IL DISOCCUPATO
Zuccaro è professionista dell’outplacement, accompagna le persone nella ricerca di nuove opportunità.
Continua la crescita dei disoccupati nella Vallesina. Secondo i dati forniti dal Centro per l’Impiego di Jesi, su 76.082 persone in età lavorativa, quasi 10.000 persone sono disoccupate. Il dato non è dei più confortanti, infatti, rispetto al 201 si è registrato un +8% di disoccupati. E’ dunque, il 12,5% della popolazione in età lavorativa a restare senza un lavoro, quasi l’8% di quella residente.
Un ruolo fondamentale in questa situazione è quello che spetta ai professionisti dell’outplacement, branca della consulenza nell’ambito delle risorse umane che si occupa di accompagnare le persone in uscita da un’azienda nella ricerca di nuove opportunità professionali. Uno dei maggiori esperti sul campo è Riccardo Zuccaro, vicepresidente della sezione Marche di AIDP, Associazione Italiana per la Direzione del Personale, ed esperto di outplacement nella zona territoriale della Vallesina e del Senigalliese per conto di INTOO, società multinazionale italiana del lavoro.
Secondo Zuccaro “indubbiamente negli ultimi anni e in particolare da quando la crisi ha colpito nel profondo, l’economia italiana ha dovuto affrontare una serie di cambiamenti e stravolgimenti che in parte si sarebbero dovuti fare tempo fa, ma che il mercato del lavoro si è trovato a dover fare in brevissimo tempo; sconvolgendo di fatto il normale accesso al lavoro“. Particolare attenzione, sottolinea Zuccaro è da dedicare ai giovani, categoria maggiormente colpita dalla disoccupazione: “quasi il 38% dei giovani tra i 16 e i 29 anni residenti nella Vallesina è disoccupato. Sappiamo che il contratto a tempo indeterminato è diventato una chimera, ma la colpa non è imputabile alle sole aziende. Oggi, se il governo non decide di mettere mano al cuneo fiscale, le aziende sempre più difficilmente assumeranno con contratto da lavoratore dipendente, un lavoratore che costa all’azienda quasi il doppio di quello che riceve in busta paga“.
Per quanto riguarda l’outplacement, ossia il reinserimento nel mondo del lavoro, Zuccaro evidenzia che “alcune figure come quella del commerciale sono molto richieste mentre, al contrario, l’operaio non specializzato e l’impiegato del settore amministrativo sono scarsamente ricercate. Ciò perchè negli anni passati le aziende si sono dotate di un numero eccessivo di queste figure“. Il ruolo della specializzazione è fondamentale, ed è considerato anche un plus per l’azienda che deve assumere. E’ importante anche sapere cercare bene. “Secondo dai Unioncamere, gli annunci di cerco lavoro rappresentano solo il 15% della reale domanda. Il resto è trasmesso per passaparola o, addirittura, non viene neanche dichiarato“. Le percentuali di ricollocamento sono positive, l’88% per le figure di base e 93/94% per i quadri e gli impiegati dirigenti. “Il successo passa anche per la formazione, essere sempre disposti a formarsi a qualsiasi età, ad arricchire ed approfondire le proprie competenze in un determinato settore. Non mancano i casi positivi: negli anni passati alcune persone in attesa di ricollocamento, si sono unite e hanno dato vita a loro volta ad una società“.
L’intervista si è chiusa qui, in conclusione mi preme solo sottolineare che l’uso dell’outplacement, specialmente in un momento come questo, è un supporto fondamentale nella ricerca di nuove opportunità di lavoro, nell’intercettare quel 85% di posizioni di lavoro che oggi vengono definite “nascoste” ma che sono reali.
Alla prossima!