Relazioni Industriali
IMPIEGO PUBLICO: riforma possibile?
Inizio il 2012 affrontando un argomento che spesso, troppo spesso, i governi siano essi di centrodestra che di centrosinistra, adorano mettere tra i punti cruciali del loro programma elettorale ma che poi, nella pratica, viene rigorosamente irrealizzato, la riforma dell’impiego pubblico.
Premetto che non parlo solo a titolo di persona che opera quotidianamente con le risorse umane ma anche in qualità di consigliere comunale di opposizione di un piccolo comune di tremila anime (Monsano – AN), quindi come persona direttamente coinvolta nei processi di gestione delle risorse umane nel pubblico.
La riforma Brunetta che sembrava essere la prima riforma seria del settore, in realtà con il passare del tempo si è svuotata di contenuti e ad oggi possiamo tranquillamente dire che è naufragata. Perché? Andiamo a vedere:
Il primo segnale è dato dall’ente che avrebbe dovuto, in forma autonoma ed indipendente, valutare le performance delle varie amministrazioni pubbliche il CIVIT (Commissione per l’Integrità, la Valutazione, la Trasparenza delle amministrazione pubbliche) che è praticamente tutto fuorché indipendente essendo i membri nominati dal governo anche se poi devono essere ratificati dal parlamento.
Il presidente è Antonio Martone, magistrato di Cassazione che fino a poco prima della nomina era presidente della Commissione di Garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici; nome che andrebbe anche bene se non che si scopre che pochi mesi prima dell’insediamento, il figlio Michel ha ricevuto incarico per una consulenza di 40.000,00 € dallo stesso Brunetta su di un tema a dir poco di secondaria importanza “i problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di paesi terzi” (se fate una ricerca in Google sull’argomento potrete anche approfondire, argomento tra l’altro evidenziato anche da Ichino nel suo ultimo libro Inchiesta sul Lavoro). Capite bene che in un momento di crisi come quello attuale, sperperare soldi in questo modo fa sorgere quantomeno dei forti dubbi sull’utilità della consulenza. La cosa che più mi sconcerta è che lo stesso Michel Martone oggi è Vice Ministro del Lavoro dell’attuale governo tecnico Monti. Ma se andate ad approfondire vedrete che ci sono altre consulenze bislacche che lasciano abbastanza basiti.
Il secondo punto riguarda il fatto che dalla riforma vengono esclusi prima tutti i lavoratori pubblici della Presidenza del Consiglio e poi tutti quelli del dicastero dell’Economia, come mai? In queste strutture c’è personale che può operare in forma indipendente, lontano da qualsiasi giudizio? Non credo.
Il terzo punto riguarda gli obiettivi che dovrebbero essere dati ai vari dirigenti pubblici, obiettivi che dovrebbero essere raggiungibili e misurabili, sulla base dei quali operare azioni premianti o penalizzanti come il percepire o meno incentivi o il rischio stesso della perdita del posto di lavoro da parte del dirigente che non raggiunge gli obiettivi concordati. Questo è un tasto estremamente dolente, perché tali obiettivi o non ci sono per niente (nella maggioranza dei casi) o vengono, chissà perché, sempre raggiunti. Un aneddoto del mio Comune per spiegare cosa succede nella PA: in fase di approvazione del bilancio il revisore dei conti nelle note al bilancio stesso recita testualmente “si ribadisce che in relazione alla contrattazione decentrata è opportuno che gli obiettivi siano definiti prima dell’inizio dell’esercizio e in coerenza con quelli di bilancio ed il loro conseguimento costituisca condizione per l’erogazione degli incentivi previsti dalla contrattazione integrativa (art. 5, comma uno del d.lgs. 150/2009).” Cosa significa? A voi la deduzione…
Il quarto ed ultimo punto che ci fa capire che la riforma Brunetta è naufragata riguarda il fatto che nel Maggio 2010, Tremonti vara una manovra che di fatto ha tagliato i fondi per i premi ai meritevoli. A questo si unisce l’intesa firmata da Brunetta con Cisl, Uil ed Ugl di Febbraio 2011, in cui si garantisce che a nessuno, anche se inefficiente, verrà tolto un euro dal salario accessorio.
In chiusura mi domando, perché in Italia vogliamo ancora tenere separato impiego pubblico da impiego privato? Credo che uno dei passi che potrebbero avvicinarci al resto d’Europa (in particolare alle regioni nordiche da sempre all’avanguardia in questo campo e fonte inesauribile di benchmark), sia proprio quello di far capire a tutti che qualsiasi tipo di lavoro deve essere valutato in egual misura, senza creare privilegiati (settore pubblico) e disagiati (settore privato), credo sia un atto di civiltà.
Nell’agenda del governo tecnico dovrebbe essere presente anche questo tipo di riforma; al momento mi sembra che sono diversi i settori toccati dalla manovra ed altri ne saranno toccati ma non quello pubblico (sfiorato appena con la riforma delle pensioni).
Alla prossima e… Buon Anno!!!
LE PAROLE CHIAVE DELLE NUOVE RELAZIONI INDUSTRIALI
Una cosa che non ho mai menzionato nei post che ho scritto sino ad ora è il fatto che sono, immeritatamente, Vice Presidente di AIDP Marche (Associazione Italiana per la Direzione del Personale), nei giorni scorsi abbiamo organizzato un incontro in cui si è discusso di nuove relazioni industriali, argomento oggi più che mai di attualità e che riprende il post che ho pubblicato due settimane fa.
Relatori due esimi rappresentanti della Confindustria locale e confinante, Paolo Centofanti come referente dell’Area Relazioni Industriali di Confindustria Ancona e Fabio Scalzini parigrado di Confindustria Pescara, oltre all’importante presenza del Presidente Nazionale di AIDP Filippo Abramo. Presenti all’incontro numerosi HR Manager di diverse aziende marchigiane, tra i quali Ampelio Ventura HR Director dello stabilimento CNH di Jesi che ci ha brillantemente illuminato sulle motivazioni che hanno portato il gruppo FIAT ad uscire dalla contrattazione nazionale.
Oltre a dare un quadro normativo ad oggi delle relazioni industriali, il dibattito è stato interessante perché, in una sorta di brain-storming collettivo, si è pensato di redigere una sorta di vocabolario delle nuove relazioni industriali, mettendo in evidenza quelle che oggi, per noi di AIDP Marche, sono le parole chiave; ecco quelle che, secondo me, sono le più importanti:
ORGOGLIO
Occorre ritrovare l’orgoglio del proprio posto di lavoro. Un aneddoto: mio suocero è in pensione da pochi anni, ha lavorato una vita in manifattura tabacchi a Chiaravalle (AN), pur non essendo mai stato un fumatore, è sempre andato molto orgoglioso del suo posto di lavoro. Mi racconta spesso di giorni passati a risolvere problemi sulle macchine o di quando occorreva dare il massimo, per delle consegne superiori alla media; è sempre stato uno molto vicino al sindacato, ma non per questo ha mai lesinato impegno e passione, oggi in casa ha ancora la gigantografia della Manifattura di Chiaravalle (la foto ad inizio post) che mostra fiero a parenti e amici; quanti sono oggi i lavoratori che si recano nelle aziende, orgogliosi del proprio posto di lavoro?
WELFARE
Paradossalmente occorre tornare all’antico, se ci pensate una volta le aziende erano molto più vicine ai lavoratori, c’erano già gli asili nido aziendali ( quelli delle cartiere, delle filande, delle manifatture tabacchi), alcune offrivano le colonie estive per i figli degli operai, occorre tornare a percorrere quella strada. Le aziende devono integrare all’interno della contrattazione anche il welfare, non solo con gli esempi sopra riportati ma anche attraverso quelle iniziative tese a garantire un miglior futuro previdenziale ed assistenziale. Indubbiamente in questo ambito le aziende “ricche” possono da sole offrire molto di più; dovranno essere le istituzioni (Regioni) a stanziare fondi per le aziende più piccole, che sicuramente non possono mettere sul piatto risorse importanti come le big company.
TERRITORIO
Occorre una maggiore integrazione tra impresa e territorio, esistono già molti esempi di ottima integrazione impresa-territorio (mi viene in mente TOD’S che costruisce una scuola per il comune di Casette D’Ete) ma sono ancora sporadiche. Integrarsi con il territorio significa in fin dei conti, aumentare l’orgoglio ed il senso di appartenenza dei lavoratori e quindi la produttività, unitamente ad essere essa stessa una forma di welfare.
FIDUCIA
Se non c’è fiducia tra le parti che si siedono al tavolo delle trattative sindacali, non si riuscirà mai a concludere nulla e le contrapposizioni saranno sempre più forti e gli scogli diventeranno insormontabili.
FLEXSECURITY
Un termine che ormai conosciamo bene, chi mi segue con costanza sa già che ho affrontato l’argomento diverse volte; l’importanza di uscire dalla vecchia logica del posto fisso dando flessibilità alle imprese in uscita per motivi di natura economica ed organizzativa, salvaguardando comunque il futuro dei lavoratori attraverso: un’indennità di licenziamento e un trattamento complementare di disuccupazione a carico delle aziende, unitamente ad un processo obbligato di ricollocamento sempre a carico delle aziende. Il provvedimento, ideato dal Prof. Ichino, permetterà, contemporaneamente, di combattere la precarietà dilagante di oggi, obbligando le aziende (in cambio della flessibilità in uscita) all’assunzione a tempo indeterminato di tutti i nuovi assunti; non c’è dubbio che sia la scelta migliore da farsi in questo momento storico. Inutile raccontarsi frottole, il mercato del lavoro è cambiato e lo ha fatto alla velocità della luce negli ultimi anni, le regole sono rimaste ancorate ad un mondo che non esiste più.
Chiudo parlando del caso FIAT ed all’uscita dalla contrattazione nazionale; Ventura di CNH durante l’incontro, in tre parole ha riassunto le motivazioni che hanno portato FIAT a questa drastica decisione:
EFFETTIVITA’ delle norme: oggi a fronte di norme introdotte si trova sempre il modo di aggirarle o di metterle in discussione.
TEMPI brevi per la chiusura delle trattative: siamo ancora ancorati ad un meccanismo troppo legato alle parole, i mercati hanno tempi diversi.
RESPONSABILITA’: si fanno accordi che poi vengono regolarmente disattesi, senza che questo faccia scattare alcuna sanzione per chi non le rispetta; questo non può più accadere ognuno deve prendersi le sue responsabilità.
Alla prossima
RELAZIONI INDUSTRIALI: si cambia
La notizia, ampiamente prevedibile di FIAT che dopo essere uscita da Confindustria recede, dal primo Gennaio 2012, dai contratti collettivi nazionali e non, applicati nel gruppo, sancisce l’avvio ufficiale di un nuovo modo di vedere le relazioni industriali.
Entriamo a pieno ritmo nella fase B, si cambia, basta con i CCNL nazionali ingessati, si parte con la contrattazione sempre più spinta a livello decentrato, come del resto, cambieranno le norme che ad oggi regolano il diritto del lavoro.
Qualche settimana fa ho parlato nel mio post “FLEXSECURITY: un nuovo codice del lavoro è possibile”, del disegno di legge che il Senatore del PD e Professore Pietro Ichino ha presentato in parlamento, un disegno di legge che prevede il ridisegno completo delle relazioni industriali e del codice del lavoro a vantaggio di una maggiore flessibilità per le imprese ma anche di maggiori garanzie per i lavoratori, in particolare per tutti coloro che oggi sono precari.
Nel frattempo il governo Berlusconi è caduto, al suo posto un governo prettamente tecnico, chiamato a fare quello che, purtroppo, la politica oggi non è più in grado di fare, chiusa com’è negli interessi di partito che tutto hanno a che vedere tranne che con il bene della Nazione e dei cittadini.
Spinto dalla lettura della lettera inviata dal Prof. Ichino al Corriere della Sera e pubblicata nel numero di sabato scorso, ho scritto una email al senatore inerente i temi trattati nella missiva; eccone un’estratto:
Gentile Prof. Ichino,
Ho letto con molto piacere la sua lettera pubblicata oggi sul Corriere della Sera; forse mi sbaglio ma dalle sua parole mi sembra di aver capito che la riforma del diritto del lavoro che il governo Monti attuerà sarà quella da lei proposta attraverso la sua idea di Flexsecurity, mi sbaglio?
….
La Prof.ssa Fornero è senza dubbio la persona che porterà a termine la riforma delle pensioni, da sempre suo cavallo di battaglia, temevo però per la riforma del diritto del lavoro su cui, avendo letto curriculum e articoli, non vedevo la Prof. Fornero così preparata come lo poteva essere lei, visto anche il suo progetto già bello pronto ed estremamente valido; leggere che probabilmente sarà la sua idea di Flexsecurity a venir adottata non può che tranquillizzarmi in questo senso.
….
Cordiali Saluti
Riccardo Zuccaro
Molto gentilmente il Prof. Ichino mi ha risposto con poche righe ma estremamente chiare ed apprezzabili, che trovate qui di seguito:
Caro Zuccaro,
sarei stato io il ministro del Lavoro se non fosse prevalso il veto per tutti i parlamentari. Ma in quel caso sarebbe mancata a me la competenza in materia di economia del Welfare, di cui invece Elsa Fornero dispone in misura eccellente.
In ogni caso, non dubiti, la collaborazione sarà strettissima.
Grazie per l’attenzione e per il messaggio.
Pietro Ichino
Come dicevo all’inizio, siamo ormai a tutti gli effetti alla fase B delle relazioni industriali, una fase dovuta, per riportare l’Italia sulla retta via; la spinta della FIAT non fa altro che accelerare un processo fin troppo frenato. I sindacati, CGIL compresa, dovranno abbracciare questo nuovo corso, proprio per garantire ancora lavoro ai loro rappresentati, l’alternativa è che il sistema produttivo italiano si ripieghi su stesso, causando la perdita irrimediabile di migliaia di posti di lavoro. Sono in grado i sindacati di prendersi questa responsabilità?
Mi permetto di fare una considerazione personale: nella lettera che la UE ha inviato al governo italiano per la richiesta di chiarimenti sui provvedimenti segnalati dal governo Berlusconi, c’è un passaggio in cui ci viene espressamente richiesto se la riforma dei contratti collettivi nazionali preveda anche la riduzione del numero degli stessi; ebbene credo sia il caso di prendere in considerazione questa richiesta. Credo che occorra rivedere i contratti collettivi, definendo una unica intelaiatura di base a livello nazionale che definisca il nocciolo di diritti inviolabili validi per tutti i lavoratori, declinando il resto alle singole contrattazioni specifiche di secondo livello, azienda per azienda. Parallelamente il progetto FLEXSECURITY presentato dal Prof. Ichino è sicuramente la forma migliore per redigere e semplificare un nuovo codice del lavoro, rendendo l’Italia, nuovamente appetibile per gli investitori stranieri oltre che per la nascita di nuove realtà imprenditoriali italiane ed il consolidamento di quelle esistenti.
Alla prossima
FLEXSECURITY: un nuovo codice del lavoro è possibile.
Torno a parlare di outplacement dopo qualche settimana dal post “Outplacement: ammortizzatore sociale attivo”; ritorno sull’argomento perché come anticipato già in quella occasione, anche la politica sembra finalmente essersi accorta delle opportunità offerte dalla ricollocazione professionale, specialmente in un periodo come quello odierno che vede le aziende alle prese con ristrutturazioni e riorganizzazioni che inevitabilmente si ripercuotono sui lavoratori.
Il Professore e Senatore Pietro Ichino, noto giuslavorista ed esperto di diritto del lavoro, ha presentato un disegno di legge (1873/2009) già qualche anno fa in cui introduce un codice del lavoro semplificato che in 70 articoli sintetizza tutta la disciplina legislativa dei rapporti di lavoro. All’interno del ddl che vi invito a leggere, viene inserito il concetto di FLEXSECURITY, termine che integra le parole flessibilità e sicurezza, cosa questa che può sembrare in antitesi ma che in realtà è assolutamente complementare; per la prima volta si parla di flessibilità reale non di precariato.
Sono diversi i punti chiave del ddl come ci ricorda il prof. Ichino, in particolare in questa sede mi preme parlare di alcuni che affrontano il tema licenziamenti.
In particolare per i licenziamenti dettati da motivi economici e/o organizzativi anziché procedere con il controllo giudiziale, si opera sulla responsabilizzazione dell’impresa per la ricollocazione del/dei lavoratori coinvolti nel processo di riorganizzazione. Al lavoratore che ha maturato almeno due anni di anzianità di servizio, una volta licenziato per i motivi di cui sopra, si applica il contratto di ricollocazione che prevede:
– un trattamento complementare di disoccupazione
– l’attivazione di servizi di outplacement e di riqualificazione professionale il costo di questi servizi sarà a carico della Regione anche attraverso i contributi del FSE (Fondo Sociale Europeo).
Come si vede dunque si sancisce esattamente quello che riportavo nel mio post menzionato inizialmente, ovvero il coinvolgimento finanziario anche delle istituzioni nel processo di ricollocamento.
Altro aspetto importante è che nel contratto di ricollocazione si affida il lavoratore ad una società di outplacement scelta dall’azienda, che assiste il lavoratore nel processo di ricollocamento e ne controlla la disponibilità e l’effettiva pro-attività nei confronti della ricerca di un nuovo posto di lavoro anche perché ad essa è legata la condizionalità del trattamento di disoccupazione. Questo devo dire essere un passaggio che già alcune società stanno realizzando nei loro accordi sindacali che trattano le riorganizzazioni, almeno per quello che è la mia esperienza avuta, su un paio di casi in cui sono stato recentemente coinvolto come operatore di outplacement.
Mi auguro che questo ddl veda la luce il prima possibile perché permetterebbe di arrivare a quel concetto, a me tanto caro, di responsabilità sociale di impresa e delle istituzioni nei confronti dei lavoratori e renderebbe attuabile per le aziende la tanto agoniata flessibilità.
Alla prossima