Valorizzazione Risorse Umane

Valorizzazione del Capitale Umano in azienda

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Il Capitale Umano è un valore per l'impresa
Il Capitale Umano è un valore per l’impresa

L’annosa questione della valorizzazione del capitale intangibile di un’azienda è fatto assai conosciuto, diversi sono gli asset a cui risulta difficile dare un valore: l’avviamento dell’azienda, i marchi, il capitale sociale ed anche il capitale umano.

Si sono susseguite e si stanno tuttora susseguendo teorie più o meno valide per arrivare ad una misurazione di questi aspetti dell’azienda; in questa sede però, mi interessa concentrare l’attenzione sul Capitale Umano. Una cosa è certa: se da un lato è sicuramente difficile poter dare un valore economico (se non in termini di costo) alle persone che lavorano in azienda, dall’altro non è più possibile pensare che questo valore non ci sia.

Fino a quando l’economia gira, chi più chi meno tutte le aziende sono propense nel dare importanza ai loro collaboratori nell’ottenimento dei risultati d’impresa; le cose sembrano invece cambiare quando arrivano venti di crisi, un pò come quelli che stiamo attraversando.

In questi momenti da quello che si legge nelle recenti vicissitudini di multinazionali, grandi, piccole e medie imprese questo valore intangibile sembra improvvisamente venire meno. La colpa non va certo accollata tutta sulle spalle delle aziende, è innegabile che in buona parte anche le banche che dovrebbero per prime apprezzare il know how interno alle aziende considerandolo un valore da inserire in bilancio, oggi se ne infischiano ed indipendente dalle professionalità contenute in azienda, chiudono comunque i rubinetti, basando la loro valutazione solo ed esclusivamente sui dati di breve periodo e sull’indebitamento.

Le imprese nascono grazie all’audacia ed alla lungimiranza degli imprenditori, ma proseguono il loro percorso di crescita e consolidamento grazie alle persone che vengono selezionate ed inserite nei vari ruoli. Prendiamo un esempio di eccellenza italiana: la Ferrari, nata nel lontano 1939 dall’intuizione di Enzo Ferrari, si è sviluppata ed è cresciuta sino ai livelli attuali grazie alle persone che sono entrate in azienda e che hanno apportato e sviluppato know how. Ora immaginatevi se oggi la Ferrari venisse improvvisamente svuotata dei sui collaboratori ed al loro posto venissero inserite persone completamente nuove provenienti da tutt’altro settore, pensate che i risultati finali siano identici a quelli attuali? Evidentemente no, solo questo banalissimo esempio fa comprendere come il capitale umano ha assunto un ruolo centrale nel determinare l’espansione di un sistema economico.

Il capitale umano può essere inteso come l’insieme di consocenze, capacità, competenze a disposizione di un’azienda e gioca un ruolo fondamentale nell’agevolare la creazione di benessere economico che si traduce anche in benessere sociale non solo per i collaboratori ma per tutta la comunità in cui l’azienda vive.

Diretta conseguenza a quanto sopra è che la finanza non può più e non deve considerare le persone solo come mero costo del lavoro, da tagliare indiscriminatamente nel caso l’azienda vada in crisi, ma come un costo a cui però corrisponde un valore molto più grande che è l’essenza stessa dell’impresa senza la quale, pur recuperando in termini di efficienza economica, perderà completamente in termini di efficacia svuotandosi di quelle competenze necessarie alla sua sopravvivenza.

Alla prossima!!

ESSERE O NON ESSERE….

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Un paio di giorni fa, nel mezzo di un colloquio con una mia coachee (persona che segue un percorso di coaching) abbiamo toccato un suo particolare vissuto in ambito lavorativo, testualmente mi ha detto “mi sento sottovalutata e sottoutilizzata in questa azienda, ho un potenziale dentro che devo tenere inespresso perché l’azienda non mi lascia libera di esprimere il mio talento”; in quel momento ho realizzato l’idea di scrivere questo post.

Sia come Coach professionista che come consulente di outplacement non immaginate quante volte sento questa musica e se ripenso al mio passato, anche il sottoscritto si è trovato alcune volte in questa situazione.

Se, come credo, avete assistito ad incontri relativi alle risorse umane, se parlate con imprenditori di PMI immagino che spesso avrete sentito discorsi del tipo:

–       “Nella mia azienda voglio collaboratori propositivi

–       “Da me hanno possibilità di crescita solo coloro che sono in grado di portare una ventata di innovazione nei processi

–       “Non me ne faccio nulla degli yes man, non ho bisogno di sentirmi dire sempre di si anche quando possono esserci vie alternative

e via dicendo. Questo sulla carta, perché poi quando in azienda entrano persone veramente propositive, che dicono la loro anche se va in una strada diversa da quella utilizzata sino ad oggi (e spesso dettata dall’imprenditore) non si sa per quale motivo, ma iniziano a dare fastidio.

In un primo momento non vengono ascoltati, se poi continuano con le loro proposte ricevono messaggi subliminali di lasciar perdere e nel caso in cui si ostinassero ancora vengono definitivamente isolati e bollati come veri e propri rompiballe; mentre gli yes man rimangono ben saldi nei loro posti e senza apportare alcunché in azienda si ritrovano spesso premiati con avanzamenti di carriera.

L’Amleto di Shakespeare, autore che amo, diceva “essere o non essere questo è il problema, se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboldi e combattendo disperderli”, mi sembra una frase assolutamente calzante. Portandola ai nostri giorni ed alla situazione specifica potremmo tradurla con “essere o non essere questo è il problema, in azienda conviene essere degli yes men, non usare il nostro talento, rischiare zero e mantenere il nostro posto di lavoro, oppure essere noi stessi, essere propositivi (motivo per cui, ricordo, si è stati assunti) anche quando farlo significa andare contro lo staus quo e rischiare la perdita del posto di lavoro”.

Certo il discorso non va generalizzato, ma sfido chiunque a dire che una cosa del genere non l’ha vissuta in prima persona o attraverso il racconto di un amico o un conoscente, specie se lavora in una PMI in cui spesso la figura del responsabile delle risorse umane è inesistente e le politiche del personale vengono stabilite da chi si occupa di tutt’altro.

Oggi ho partecipato ad un incontro in cui si parlava di sport coaching, ospite Arrigo Sacchi il quale tra le altre cose ha detto “quando costruivo le squadre io sapevo sempre chi prendevo, mi informavo prima sul calciatore, chiedevo persino cosa mangiava per sapere se poteva essere adatto al mio progetto; la stessa cosa dovete farla in azienda, le risorse vanno selezionate bene sin dall’inizio per evitare di ritrovarsi pecore nere da gestire dopo” ecco in questo caso non credo che il problema sia nell’assunzione sbagliata ma nel fatto che le aziende e con loro gli imprenditori che le guidano, devono chiarirsi bene le idee, devono porsi questo tipo di domande e darsi risposte da cui dipendono la scelta della strategia, senza prendersi in giro, domande tipo: chi cerco veramente? Sono sicuro di voler vedere messe in discussione le mie scelte? Sono disposto ad accettare strade alternative a quelle che ho percorso sino ad ora? Ma soprattutto sono disposto a rischiare parte di ciò che ho creato sino ad ora?

Capisco che per chi ha costruito con le sue mani un’impresa non è semplice mettersi in discussione, ma se si ha una funzione del personale capace e valida, se vengono stabilite job description chiare e specifiche, se vengono fatti assessment meticolosi occorre dare fiducia a chi si assume, sfruttare le loro potenzialità, valorizzarli, perchè collaboratori soddisfatti e motivati, significa in automatico aziende brillanti e di successo ma soprattutto innovative con un marcia in più sulla concorrenza.

Alla prossima!!

LA VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE UMANE di Silvia Cingolani HR Manager GDO Canale Ipermercati

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Con grandissimo piacere ospito, ricambiando la cortesia, all’interno di RU e dintorni un post scritto dalla carissima amica e collega Silvia Cingolani HR Manager GDO Canale Ipermercati ed autrice del blog Mondo HR Marche che molto gentilmente ha ospitato quanche mese fa anche un mio pezzo. Le ho chiesto se aveva piacere di scrivere qualcosa sulla Valorizzazione delle Risorse Umane, un tema che ritengo debba essere sempre più centrale in azienda, ma che invece spesso, troppo spesso, è lasciato ai margini o sventolato più come una bandiera per attirare talenti ma poi lasciato a margine rispetto ad altro; ecco il pezzo di Silvia:

“C’è solo una cosa chiara e semplice da dire: la vera differenza in una azienda indipendentemente dalla sua natura commerciale o produttiva che sia è la risorsa umana, soprattutto poi se siamo nel campo dei servizi.

E’ vero che per rispondere alle esigenze di mercato organizzative e strategiche, le Aziende sono oggi costrette a reinventarsi ogni giorno, a mettere in campo tutte le forze possibili ed a tentare pianificazioni che prevedano nel minimo dettaglio ogni possibilità di contenimento costi e massimizzazione dei profitti, ma tutto ciò che rende possibile questo è essere certi che le persone che operano quotidianamente per noi siano interpreti ed attori principali del processo di cambiamento.

Come ?

–      Valorizzare le competenze e le esperienze ovunque esse siano

–      dare sfogo alla creatività dei singoli, mantenendo chiari obiettivi e perimetri

–      Creare gruppi di lavoro e spirito di squadra

I ruoli nel dettaglio ?

–      Creare senso di appartenenza (questo spetta all’imprenditore, non si discute !)

–      Far emergere un forte spirito imprenditoriale (questo spetta a voi, non si discute !)

–      Motivare (per quanto meravigliosa sia l’auto motivazione, per me un  bel 50 / 50 ci stà)

Gli attori principali : “Il Clima

Quello che lega complessivamente gli elementi di cui sopra è il clima, ovvero il saper lavorare insieme, discutere propositivamente, supportarsi vicendevolmente ed essere fonte di stimolo innovativo, in un percorso complessivamente volto al bene individuale e nel contempo comune.

Gli attori principali : “L’Ascolto

Non significa solo accogliere le informazioni ma essere talmente elastici da accogliere richieste ed idee anche da parte di chi ci sembra così lontano dai nostri standard (ed è proprio questo il bello). Sapere ascoltare significa sapere “percepire” ogni minimo segnale: se non siamo così sensibili da percepire i sussurri, saremo poi costretti ad udire le grida, e vi assicuro che in quel momento sarà sempre troppo tardi.

Gli attori principali : “Le Competenze Distintive

Tutte le aziende devono costantemente monitorare le competenze delle persone, il loro sviluppo ed accrescimento, la loro posizione all’interno dell’azienda. Le imprese cambiano nel tempo le loro strategie e gli uomini cambiano ancor più velocemente, spinti da elementi interni ed esterni l’Azienda.

Gli attori principali : “L’Azione

Reagire il più velocemente possibile, armonizzare tutti gli elementi di cui siamo a conoscenza e dare un segnale forte di cambiamento.

Le risposte organizzative ai bisogni delle persone nelle organizzazioni possono essere di varia natura, diciamo che dando per scontate le risposte primarie a sussistenza e sicurezza (vero è che di questi tempi scarseggiano anche queste, ma si tratterebbe di affrontare un argomento totalmente differente) le aziende dovrebbero quotidianamente tentare di raggiungere uno stile direzionale partecipativo, condividere i principali valori aziendali, costruire gruppi di lavoro e progetti che rendano l’individuo parte ad una squadra.

Ancora un passo avanti: costruire sistemi e metodi di valutazione delle performance, assegnare obiettivi, sostenere attivamente percorsi di crescita interna piuttosto che il ricorso a nuove risorse esterne, per arrivare poi ad una totale partecipazione attiva ai risultati aziendali ed al mantenimento di un clima coinvolgente e stimolante.

Per fare tutto ciò occorre però immancabilmente un sostegno, ovvero un vero e proprio imprenditore illuminato capace di innovare ed al contempo delegare e nelle aziende di media grande dimensione una linea di Management compatta e ben allineata verso gli obiettivi aziendali.

Silvia Cingolani
HR Manager”

Non posso che accodarmi e sostenere in toto quanto affermato da Silvia, di cui ho apprezzato molto il mettere in gioco non solo la persona ma anche la proprietà/management dell’azienda, attivare un processo di valorizzazione che metta il focus solo sul lavoratore tralasciando compiti anche da parte dell’imprenditore significa creare un sistema zoppo in partenza che non porterà a nulla. Trovo particolarmente stimolante il concetto espresso da Silvia dell’Ascolto e la metafora che ne ha tratto tra sussurro e grida, bene anche qui lasciatemi dire che troppo spesso si arriva alle grida pur avendo già individuato i sussurri ai quali, però, non viene dato il giusto peso.

Alla prossima e grazie ancora Silvia!!