Formazione

Gli italiani preferiscono formarsi

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Un mio intervento in ISTAO ad Ancona
Un mio intervento in ISTAO ad Ancona

Conosciamo tutti la frase “nella vita non si smette mai di imparare” a volte la diciamo solo come modo di dire, altre volte ci crediamo sul serio, la ripetiamo ai nostri figli quando sbuffano se hanno da studiare. Recentemente il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo che evidenzia come questa frase sia in realtà una filosofia di vita, soprattutto per i lavoratori; infatti nell’articolo viene riportata una ricerca realizzata a livello mondiale, dalla agenzia per il lavoro Kelly Services, che evidenzia come la stragrande maggioranza dei lavoratori Italiani preferisca che l’azienda si occupi della loro formazione piuttosto di avere un aumento di stipendio.

Può sembrare assurdo e anacronistico visti anche i tempi, invece saggiamente proprio in questo momento diventa ancor più importante aumentare le proprie competenze, non stupisce quindi la maturità dei lavoratori Italiani che con l’84% nel sondaggio, contro una media del 57% tra i loro colleghi in giro per il mondo, evidenziano la loro preferenza per un corso di formazione anziché avere un aumento.

Questo è un messaggio chiaro e forte alle imprese che troppo spesso negli ultimi tempi hanno messo in secondo piano la formazione, ritenendola più che altro un costo da tagliare in periodi di vacche magre. Oggi esistono numerose possibilità di finanziamento per la formazione aziendale a partire dai fondi interprofessionali, ad esempio è notizia di pochi giorni fa, dell’uscita di un nuovo avviso da parte di Fondimpresa, l’avviso 4 2014 infatti mette sul piatto ben 36 milioni di euro per piani formativi che riguardino lo sviluppo delle imprese. Si potranno presentare piani formativi che riguardino:

– innovazione tecnologica di prodotto e di processo

– innovazione dell’organizzazione

– digitalizzazione dei processi aziendali

– commercio elettronico

– contratti di rete

– internazionalizzazione

 

insomma si può fare formazione a 360 gradi.

 

Altri fondi sono messi a disposizione anche dalle istituzioni, dal fondo sociale europeo, e via dicendo per cui non ci sono scuse per la imprese: occorre investire (a costo zero tra l’altro) nell’aumento delle competenze dei propri collaboratori, questo permetterà all’azienda di aumentare l’engagement dei propri collaboratori, la loro soddisfazione e la produttività dell’impresa.

Alla prossima!!

Da grande farò…….

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I nostri ragazzi
I nostri ragazzi

Sempre più aziende si stanno impegnando ed investono nell’orientamento dei giovani, indubbiamente la scuola non è più in grado, e forse non lo è mai stata, di indirizzare i ragazzi verso una scelta consapevole del loro futuro.

I giovani, lo dico a ragion veduta visto che ai miei tempi commisi il medesimo errore, fanno grande difficoltà a capire quale sia la loro “mission” personale per il futuro, a causa di ciò spesso fanno scelte scolastiche che si rivelano completamente sbagliate rispetto a quelle che saranno le loro aspirazioni future, quando capiranno che le reali passioni personali vanno in direzione completamente opposta a quanto da loro studiato sino ad ora. In altri casi si troveranno a mollare gli studi a metà perdendo tempo e denaro, dovranno rincorrere ed il mondo sappiamo non aspetta.

Questo accade principalmente perchè sono pochi i ragazzi che terminate le superiori hanno la maturazione adatta per sapere quale sia la loro reale aspirazione, colpa dei genitori che per proteggerli li fanno spesso vivere in una sorta di aura di protezione che non gli permette fino in fondo di vivere nel mondo reale, colpa della scuola che spesso si permette di dare giudizi completamente sbagliati sugli studenti, colpa di un sistema scolastico che per quanto se ne parli, rimane anni luce lontano dalla realtà aziendale e professionale.

Ecco quindi che oggi le aziende ed i professionisti più illuminati cercano di correre ai ripari, fornendo ai ragazzi processi di orientamento serio ed in alcuni casi adottando ed investendo sui ragazzi in modo da indirizzarli prima e supportarli durante nel loro processo formativo come ad esempio l’ Avvocato Cristina Rossello che sul settimanale del Corriere della Sera Io Donna racconta di come si prenda cura delle sue “pupils” come le chiama, ovvero ragazze a cui oltre a fornire una borsa di studio affianca un tutor che lei chiama “madrina” che ha il compito di formarle sul campo.

Non solo liberi professionisti dicevo ma anche aziende, è il caso di INDESIT che ha deciso di investire di tasca propria per dei programmi di orientamento per i figli dei dipendenti, dimostrando un forte attaccamento con i propri collaboratori aiutando i loro figli a costruirsi il futuro migliore per loro e le loro aspirazioni.

Quando si parla di orientamento spesso lo si fa per affiancare i neolaureati nella ricerca di un posto di lavoro, personalmente credo questi percorsi debbano essere inseriti già al termine delle superiori meglio ancora se alla fine delle medie quando veramente si inizia a disegnare il percorso formativo che porterà i ragazzi verso il loro futuro. Ritengo ideale partire dalle medie perchè potrebbero esserci ragazzi e ragazze che hanno delle doti innate per mestieri artigianali che oggi si stanno perdendo e che invece spesso offrono sbocchi professionali migliori che non per laureati plurimasterizzati, professioni che si tende oggi a snobbare perchè ritenute di serie B, commettendo uno degli errori più grandi; ricordiamoci che falegnami, sarti, artisti, calzolai, tutti coloro che utilizzano la loro manualità per lavorare sono stati coloro che hanno portato l’Italia ad eccellere ed a diventare famosa in tutto il mondo per il famoso Made in Italy ancora oggi ricercato più di quanto possiamo immaginare.

Avanti quindi per questa strada, augurandoci che la scuola riesca a coprire queste mancanze ataviche e si affianchi al mondo del lavoro nella ricerca della migliore formazione possibile per i nostri figli.

Alla prossima!!

Formarsi per crescere e competere: una storia di buona formazione.

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Formarsi per crescere
Formarsi per crescere

All’inizio di dicembre dello scorso anno scrissi di come spesso e volentieri, i fondi pubblici, vengono sperperati in corsi di formazione inutili e privi di contenuti che a nulla servono se non ad arricchire gli enti che tale formazione erogano (vedi il post Formazione finanziata: opportunità o spreco di fondi pubblici).

Questo però non deve essere un atto d’accusa verso la formazione “tout court” che, al contrario, è assolutamente necessaria per migliorare le proprie competenze e/o spesso e volentieri per aprirsi nuove strade professionali, cosa questa particolarmente importante in un momento di crisi come quello che stiamo passando.

Per questo motivo oggi voglio raccontarvi una storia vera, accaduta in una famiglia uguale a tante altre del nostro Paese, una storia che narra di come una buona formazione, sia la base per ottenere successo e soddisfazioni nella vita di ognuno di noi.

C’era una volta… una normale famiglia italiana, lui dopo alcune esperienze lavorative, era finalmente approdato in un’azienda che si occupava di temi a lui molto cari. Si alzava ogni mattina con una gran voglia di fare ed alla sera rientrava a casa soddisfatto del suo operato, sentiva però che qualcosa mancava, sentiva che se avesse voluto veramente fare il salto doveva approfondire le sue conoscenze; leggeva e studiava libri per proprio conto, seguiva seminari ma questo tutto questo non gli era sufficiente.

Lei era un’insegnante di infanzia, i bimbi e la cura delle persone erano la sua passione da sempre per questo si era adoperata per poter coronare questo suo sogno. Purtroppo dopo diversi tentativi era riuscita solo a racimolare supplenze (poche) e lavori saltuari da babysitter con privati, tutti estremamente soddisfatti del suo operato, che però non gli garantiva entrate fisse. Non che a livello familiare ci fossero particolari problemi economici, grazie al lavoro di lui che garantiva un’entrata certa, ma questo lavorare a singhiozzo la rendeva insoddisfatta, nervosa e demoralizzata per non poter contribuire come desiderava all’economia familiare; inoltre poter godere di una indipendenza economica è una necessità che ognuno di noi sente.

Parlandosi capirono che era ora di fare qualcosa, lui aveva trovato un corso che gli avrebbe garantito il conseguimento di una specializzazione con un titolo riconosciuto, lei ne aveva scovato un altro che l’avrebbe portata a conseguire una ulteriore qualifica professionale che le avrebbe aperto le porte di nuove opportunità professionali nell’ambito della cura alla persona. Due anni or sono decisero che avrebbero investito parte dei loro risparmi per formarsi, certi che l’investimento si sarebbe ripagato nel medio lungo termine, anche se nel breve periodo avrebbe significato fare diversi sacrifici cercando di garantire il meglio possibile per la loro prole.

Fu così che i due dopo diversi mesi di corso e di studi serali e notturni, completarono entrambi il loro percorso formativo ottenendo i relativi riconoscimenti a pieni voti.

Oggi lui vede riconosciuta la sua ulteriore professionalità dall’azienda per cui lavora che con estremo piacere gli affida nuovi progetti da seguire in prima persona, lei dopo aver terminato il corso ed inviato il suo cv aggiornato alle aziende di possibile interesse, è stata assunta a tempo determinato; dopo aver passato sei mesi in questa condizione ad inizio del 2013 vede coronato il suo sogno che non era mai riuscita a realizzare, è stata assunta a tempo indeterminato.

Ribadisco quanto anticipato all’inizio, la storia è vera e dimostra che se si sceglie il tipo di formazione giusta, le scuole o società di formazione serie e preparate, i risultati si ottengono anche in un momento di crisi nera come quello attuale, con un tasso di disoccupazione che cresce ogni mese ed in cui la ripresa economica sembra essere ancora lontana.

Alla prossima!!

Formazione Finanziata: opportunità o spreco di fondi pubblici?

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Logo del Fondo Sociale Europeo
Logo del Fondo Sociale Europeo

Una serie di coincidenze fortunose mi ha fatto balenare in testa l’idea di scrivere un post dedicato a come vengono spesi i soldi pubblici, in particolari quelli del Fondo Sociale Europeo (FSE), per la formazione e la riqualificazione del personale, fondi che dovrebbero servire a combattere la disoccupazione e l’esclusione sociale.

Per il mio lavoro spesso mi imbatto in processi formativi finanziati tramite FSE, spesso mi chiedo a chi venga in mente di stilare certi programmi formativi; non che tutti i corsi siano da buttare intendiamoci, ma sovente si leggono le cose più bislacche tali che occorrerebbe premiare più che altro i promotori per la genialità del corso che non per i contenuti dello stesso.

Settimana scorsa infine mi imbatto in un articolo di Panorama dal titolo “Guradate come le Regioni sprecano i nostri soldi… (… e quelli dell’Europa)” che, manco a farci apposta, mette l’accento sul medesimo problema, ponendo in evidenza corsi di formazione finanziati su e giù per l’Italia per creare professionalità che mai e poi mai saranno richieste dal mercato del lavoro.

Andiamo subito al sodo, vi elenco alcuni corsi di formazione a dir poco bislacchi, che sono stati evidenziati da Panorama nell’articolo sopra citato ed i relativi importi finanziati, tanto per farvi capire di cosa parliamo. Si scopre ad esempio che la mia regione (Marche) ha finanziato un corso per 9.500 € in “Esperto negli abbinamenti birra-cibo“, il Friuli ha istituito un corso in “Esperti di piccoli animali da cortile” finanziato per ben 60.000 €; la Puglia per ben mezzo milione di euro si è inventata il corso in “Manager della ristorazione semovente” sembra quasi un ristorante dentro ad un carro armato; la Toscana ha finanziato un corso per “Addetto allo scavo” costato ben 80.000 €, la Valle d’Aosta ha finanziato uno studio del “Bulbo olfattivo adulto dei roditori” per 4.457 €; in Campania regione solare e mediterranea si sono finanziati corsi per “Gelataio freestyle” costati la bellezza di 120.000 €. In Abruzzo regione fantastica tra le poche a poter godere di mare, collina e montagna, anzichè creare occupazione nel turismo si è pensato di fare un corso su “Fare il pane riducendo il sale” al costo di 11.000 €.

A questi dati di Panorama, aggiungo quelli in cui mi sono imbattuto personalmente, di recente, sempre nella mia regione ovvero le Marche; sono stati finanziati i seguenti corsi: “Il sommelier del tè” per ben 5.378 €; un’altro progetto dal titolo criptico che richiama Dumas “Tutti per 1 e 1 per tutti” al costo di 4.860 € chissà in cosa saranno formati i suoi partecipanti. Due corsi secondo me al top: “Riqualificare il personale tecnico-amministrativo per riorganizzare il lavoro” (?????????) un pò il cane che si morde la coda al costo di 18.028 € e “Innalzare le competenze dei lavoratori per migliorare la gestione e la competitività d’impresa” più che un corso una dichiarazione di intenti al costo di 24.023 €. Proseguiamo con un bel “Riqualificazione per occupati (area trasversale)” come a dire in 100 h (durata dichiarata) vi raccontiamo di tutti e di più, progetto finanziato per 5.673 €; seguono poi due corsi che potrebbero essere uno successivo all’altro (peccato che invece siano assolutamente scollegati), il primo ha come titolo “Riqualificazione aziendale per gestire i cambiamenti organizzativi” per 7.576 €, mentre il secondo si intitola “Riquialificazione delle competenze a seguito di cambiamenti organizzativi aziendali” costato 12.466 €.

Mi sembra evidente che dopo un primo momento di ilarità nel leggere questi fantasiosi corsi, scatta immediatamente l’indignazione di come si possa pensare di sperperare risorse pubbliche statali ed europee in queste cose. In un momento come quello che stiamo attraversando, queste risorse a mio parere devono essere focalizzate per finanziare progetti seri di politiche attive per il lavoro. Per quel che riguarda il mio settore di competenza ad esempio, perchè non finanziare progetti di ricollocazione, perchè non finanziare progetti di coaching e di sostegno alle persone che si trovano a dover sopportare un disagio psicologico notevole nel trovarsi disoccupati e disorientati.

Ma voglio andare oltre, non fermarmi solo alle aree di mia competenza; Unioncamere attraverso il sistema informativo Excelsior che spesso nomino nei miei post, ci fa presente (articolo de La Stampa che potete leggere qui) che ci sono migliaia di posti di lavoro scoperti in diversi settori , perchè non finanziare la formazione su quello che richiedono le aziende? Si cercano ad esempio 1820 fabbri, 2460 saldatori e carpentieri, 1840 ingegneri, 1100 chimici e fisici, 820 falegnami, 1840 manager gestionali, 1740 infermieri e paramedici e via dicendo.

Non basta, faccio emergere la mia esperienza di consigliere comunale di un piccolo comune di 3000 anime, con il patto di stabilità le risorse per i comuni sono limitatissime; sapete tutti che l’Italia ha una edilizia scolastica vetusta, anche il mio comune si trova con una scuola chiusa perchè inagibile; i fondi del FSE sono gli unici fuori dal patto di stabilità, perchè non li indirizziamo nel costruire nuove scuole ed infrastrutture anzichè gettarli alle ortiche per questi corsi inutili?

Alla prossima!!

AUTOREALIZZA TE STESSO

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AutorealizzatiQuesta volta parlo di me, per dimostrarvi che ciò di cui vi parlerò è reale e raggiungibile da tutti, basta volerlo fare; voglio condividere con voi il mio percorso verso la autorealizzazione personale e quello che questa scelta comporta nella vostra vita.

Come scrivo nella mio bio, la mia attività professionale si avvia in un settore, quello metalmeccanico altamente tecnologico, che prevedeva conoscenze tecniche elevate, in particolare se, come le mio caso, sono partito operando nel marketing e commerciale. La mia curiosità mi ha spinto ad informarmi, a capire, cercando di colmare quelle lacune che provengono da un percorso di studi sicuramente non tecnico. Sono riuscito a fare il mio lavoro nel miglior modo possibile (si può sempre fare meglio) e con buoni risultati, costruendo e creando situazioni nuove prima inesistenti.

Eppure non mi sentivo soddisfatto, soffrivo, mi lamentavo, ero insofferente; cosa questa che mi ha portato a cambiare azienda ed a cercare sempre qualcosa di nuovo. Alzarsi la mattina era diventata una sofferenza, lo stress mi attanagliava lo stomaco, facendomi soffrire anche fisicamente ed a casa ero sempre nervoso ed irascibile, cosa questa che andava a compromettere anche la serenità familiare ed a ledere i miei rapporti interpersonali.

Finchè un giorno, dopo l’ennesimo colloquio positivo che mi avrebbe portato ad iniziare una nuova esperienza professionale, ho detto stop ed ho rifiutato. Ho capito che quel lavoro, in quel settore, non mi realizzava; ho capito che era arrivato il momento di seguire quello che veramente volevo fare, anche se questa scelta poteva comportare un arretramento nelle condizioni economiche e così ho fatto un passo indietro per prendere la rincorsa e ripartire con più slancio di prima.

Ho costruito un nuovo progetto di vita, legato alla mia passione per le Risorse Umane, mi sono posto degli obiettivi e breve, medio e lungo termine, mi sono tirato su le maniche e sono ripartito, con l’immancabile supporto della mia famiglia. Oggi ho realizzato una parte del mio progetto (ho ancora della strada da fare), faccio il lavoro che voglio, nel settore che adoro, lo faccio con ancora maggiore passione e coinvolgimento, sono in procinto di diventare coach professionista, lavoro più di prima, guadagno qualcosa meno (per il momento), ma la mattina quando mi sveglio, fossero anche le 5.00, per arrivare in qualche punto d’Italia ed incontrare persone, lo faccio sempre con il sorriso e con la carica che mi aspetterà comunque una bella giornata di lavoro, ricca di relazioni che mi arrichiranno, a contatto con le storie delle persone che incontro certo di poter essere loro di supporto nella transizione di carriera. La sera torno a casa con lo stesso sorriso con cui sono partito (anche nelle giornate difficili) con il risultato che a tutta la mia famiglia ed alle mie amicizie, giova questa mia ritrovata serenità a partire da mio figlio.

Quello che voglio dirvi è che anche in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, anziché vedere nero, abbatersi, lamentarsi e deprimersi pensatelo come un’opportunità, in cui fare un bilancio della vostra vita sino ad oggi rivedete il vostro progetto di vita, ascoltate voi stessi, i vostri desideri e non quello che gli altri desiderano per voi, investite in formazione per colmare alcune lacune (se ne avete) o per migliorare e specializzare la vostra professionalità, insomma pensate ad autorealizzarvi non solo nella dimensione lavorativa, ma con un progetto complessivo di vita, per dare il via ad un nuovo entusiasmante inizio.

Alla prossima

AIUTO!!!! SONO SENZA LAVORO: consigli su come ricollocarsi.

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Cerco lavoro

La crisi economica e l’andamento dei mercati finanziari, hanno visto il mercato del lavoro cambiare radicalmente negli ultimi anni; oggi c’è una sovrabbondanza di domanda rispetto all’offerta di lavoro, con tutto quello che ne consegue a livello di disagio sociale e di difficoltà nel ricollocarsi o addirittura nell’entrare per la prima volta nel mercato del lavoro.

Sempre più persone mi chiedono indicazioni su come fare per trovare nuove opportunità professionali, non sono un guru e non sono un mago, ma visto che il mio lavoro è quello di ricollocare persone tramite l’utilizzo del percorso di outplacement, penso di potervi dare a ragion veduta alcune indicazioni che spero possano risultare utili a chi oggi si trova in difficoltà.

Parto da un argomento a me molto caro, di cui spesso ho trattato nel blog, ovvero il web 2.0, il mercato del lavoro oggi non è cambiato solo in termini di carenza di posti di lavoro, ma anche in termini di presentazione della propria professionalità al mercato ed agli operatori di settore siano essi Direttori del Personale che Società di Ricerca e Selezione o Head Hunter. Dovete sapere che le opportunità che trovate negli annunci on-line, piuttosto che nei giornali o presso i Centri per l’Impiego, rappresentano solo il 20% delle reali opportunità lavorative, il resto viaggia per passaparola, per contatti diretti tra conoscenti, per il network di conoscenze degli operatori di mercato e personali, o per reclutamento diretto utilizzato dalle aziende attraverso i social network professionali (Linkedin è il capofila ma sta crescendo anche Viadeo). Questo evidenzia l’importanza, per chi ancora non lo fa, di prendere confidenza con il Web 2.0 e con esso le nuove forme di proposizione al mercato del lavoro.

Il secondo consiglio, che fa il paio con quanto esposto sino ad ora, riguarda il fatto di pensare a se stessi come ad un marchio da promuovere nel mercato del lavoro, il famoso libro “The Brand called You” (La Marca chiamata Te) di Peter Montoya in questo è illuminante come del resto il già segnalato sito Personal Branding degli italianissimi Centenaro e Sorchiotti. Mettere in tavola tutte le carte possibili per autopromuoversi attraverso il web usando i social network o aprendo blog personali dove trattare argomenti che evidenziando le proprie specificità e conoscenze, è senza dubbio una delle strategie da utilizzare per differenziarsi dal resto dell’offerta.

Attenzione a Facebook!!! Personalmente non lo ritengo un social network che va utilizzato a scopi professionali perché viene spesso utilizzato per diletto; sappiate però che spesso le aziende lo usano per vedere, nel privato, come si propongono le persone che stanno valutando nelle selezioni, attenzione quindi: a che foto mettete, alle pagine indicate come preferite ed a tutte quelle informazioni che inserite e che appaiono nella sezione info, che risulta visibile a chiunque faccia una ricerca con il vs. nome anche se non iscritto. So per certo che numerose persone sono state scartate nelle selezioni perché in questa sezione apparivano foto “particolari”, indicazioni di natura politica e via dicendo.

Il terzo consiglio è più rivolto a chi invece ha bisogno di rivedere le sue competenze attraverso percorsi di formazione, chiunque ritiene di aver interesse su un particolare settore credo che mai come ora sia il caso di investire tempo ed un po’ di denaro in percorsi formativi seri. Anche le Regioni hanno numerosi fondi a disposizione e stanno finanziando percorsi formativi di vario tipo, chiaramente sono indirizzati prevalentemente a persone disoccupate o alle donne; vanno scelti quelli che professionalizzano realmente, purtroppo sappiamo che spesso i corsi finanziati sono i basso livello e non servono a nulla se non a sprecare le risorse pubbliche.

Spero di esservi stato utile, molto ci sarebbe ancora da dire, rinvio quindi a prossimi post per l’approfondimento delle argomentazioni trattate e per presentarne di nuove; per chi avesse domande come sempre commentate o scrivetemi.

Alla prossima

FORMAZIONE, WEB 2.0: aziende coerenti o no?

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Il mio lavoro di consulente di outplacement mi porta a contatto oltre che con molte aziende, anche con molti candidati.

Recentemente mi capita sempre più spesso di trovarmi davanti a candidati che oltre a dover affrontare un periodo sicuramente non positivo, causa la cessazione del rapporto di lavoro, nel raccontare le propria esperienza lavorativa, lamentano, tra le altre cose, sempre più una discordanza tra quello che hanno acquisito negli studi (master e specializzazioni post laurea in particolare) ma soprattutto, tra quello che hanno appreso nei vari corsi di formazione, per la maggior parte, finanziati dalle stesse aziende e la realtà aziendale.

Un esempio: la scorsa settimana ho incontrato un dirigente che dopo aver fatto corsi di formazione pagati dall’azienda per cui lavorava, tenuti in prestigiose università o da prestigiosi formatori, su argomenti quali: delega, team working; tornato in azienda, si è sempre trovato bloccato nella presa di decisioni o nello stabilire obiettivi con il proprio team, perché il titolare puntualmente lo smentiva e non lasciava la minima delega, anche su argomenti estremamente banali.

Non basta; come ormai avrete capito sono un grandissimo fautore del web 2.0 che ritengo estremamente importante e fondamentale nel lavoro odierno, in particolare per chi, come me, opera nel mondo risorse umane.

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto nei risultati di una recente sull’uso dei social network da parte delle aziende, realizzata della SDA Bocconi. Su un campione di 1080 aziende italiane o filiali italiane di aziende straniere, la ricerca ha fatto emergere che solo per il 20% delle aziende intervistate ritiene i social network di non interesse nel loro business. Peccato che subito dopo mi imbatto in un tweet di Enrico Bisetto in cui menziona questo post di Pietro Gugliotta dal titolo “Social Network bloccati nel 77% delle aziende italiane”.

Unendo le due tematiche ne è nata una riflessione che vorrei condividere con voi, magari ascoltando anche qualche vostro commento in merito; nell’immediato, partendo chiaramente dal presupposto che non si può fare di tutta un’erba un fascio, le domande che mi sono nate spontanee sono state: ma le aziende italiane credono nella formazione, nel web 2.0, oppure dicono di crederci solo perché la formazione è finanziata spesso dal FSE ed il web 2.0 è di moda?

Ampliando la riflessione la domanda è: le aziende italiane sono coerenti internamente con quanto comunicano all’esterno?

Alla prossima