Mese: marzo 2012

IL COACHING IN UN PERCORSO DI OUTPLACEMENT

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Il 28 Marzo si è chiuso il mio percorso iniziato ad ottobre con la scuola di Incoaching per diventare Coach; con la discussione della tesina mi è stato consegnato ufficialmente il diploma da Coach. Un percorso a cui tenevo enormemente e che oggi mi da enorme soddisfazione; due gli ambiti in cui andrò ad operare: il Business Coaching e lo Sport Coaching.

Nel secondo caso semplicemente perchè sono un amante dello sport che pratico sin da bambino in particolare il basket e lo vedo quindi come un connubio indissolubile: la passione per le persone e la passione per lo sport; nel primo perchè è nella natura stessa del mio lavoro di consulente di outplacement; cosa questa che è ancor più evidente proprio dal tema della tesina che ho presentato, si intitola “Il coaching in un percorso di outplacement“.

In questa sede mi piace pubblicarne un estratto in modo da farvi capire come il career coaching sia proprio una parte del percorso di outplacement, in particolare la parte iniziale del percorso quello in cui la persona incontra il consulente che lo seguirà per tutto il percorso, momento delicatissimo perchè solo se in quella occasione si instaura una relazione facilitante il percorso sarà un successo altrimenti, con ogni probabilità, è destinato a fallire.

Dicevo appunto che siamo in presenza di un percorso di career coaching finalizzato allo sviluppo della carriera e della realizzazione personale del candidato che si trova ad aver perso il posto di lavoro. 

Sono le prime fasi di un percorso di ricollocamento che necessitano del supporto del coaching; in questa fase il candidato è appena uscito dall’azienda per cui si ritrova disoccupato; deve ancora elaborare il lutto per la perdita del posto di lavoro, con la conseguente perdita di fiducia nei propri mezzi, che spesso inficia anche la vita privata e familiare con sintomi quali: ansia, depressione, insoddisfazione ed aggressività.

Il consulente che lo accoglie e che lo seguirà per tutto il periodo del programma, deve per prima cosa proprio recuperare il candidato sul lato motivazionale, agendo sulle sue potenzialità. Ovviamente il tutto deve avvenire all’interno di in una relazione facilitante ed empatica che si costruisce ancora prima dell’inizio del processo, ovvero quando il candidato incontra il consulente di outplacement nella fase di trattativa di uscita dall’azienda.

Questo incontro viene organizzato proprio per permettere al candidato di  conoscere i contenuti del percorso; in questo modo egli sarà in grado di decidere autonomamente se servirsene o meno.

In questa fase si manifestano le 4 A della relazione di coaching:

  • accoglienza perchè è nel primissimo incontro che il consulente accoglie il candidato mettendolo a suo agio pur in un momento assolutamente negativo,
  • ascolto perchè solo attraverso l’ascolto il consulente può realmente capire la situazione del candidato,
  • alleanza perchè dopo aver ascoltato, il consulente si allea al candidato nel percorso di ricollocamento,
  • autenticità perché se in questa fase il candidato non percepisce il consulente come una persona autentica, vera, non si fiderà mai di lui.

Conseguenza di quanto sopra è che se dopo gli step descritti non si è creata una relazione facilitante, il candidato non accetterà mai di seguire il percorso, o per lo meno non lo farà con questo consulente ma chiederà un’incontro con un’altra società.

Passata questa prima fase in cui come ho detto si crea l’alleanza tra consulente (coach) ed il candidato (coachee) in funzione dell’obiettivo da raggiungere, si arriva alla definizione di un vero e proprio contratto di lavoro.

Con il contratto si definisce un impegno specifico da parte di entrambi verso una serie di azioni definite in modo chiaro che porteranno al raggiungimento dell’obiettivo prefisso.

C’è quindi una precisa responsabilità ad attivarsi da parte del candidato e ad impegnarsi nel raggiungimento degli obiettivi, cosa questa fondamentale nel coaching come nell’outplacement; troppo spesso tra chi decide di usufruire di un percorso di ricollocamento, si annidano persone che credono sia solo compito del consulente trovargli un nuovo lavoro, così non è, un percorso che inizia con questi presupposti non porta a nessun risultato, come un percorso di coaching che non veda il coachee corresponsabile con il coach.

Nella prima fase del processo di ricollocamento vengono poste in opera tutta una serie di attività che come abbiamo detto partono dalla stipula del contratto, per giungere alla redazione del bilancio delle competenze.

Il bilancio delle competenze altro non è che un percorso di consulenza orientativa che ha come finalità, quella di supportare il candidato, nel processo di decisione in merito al proprio avvenire professionale, attraverso lo sviluppo delle proprie risorse e potenzialità al fine di poterle indirizzare verso l’attuazione delle strategie più opportune per la realizzazione del proprio progetto di sviluppo personale e professionale.

Al termine della redazione del bilancio delle competenze il candidato si appresta a redigere il piano di azione da seguire per il raggiungimento dell’obiettivo professionale predeterminato.

Nelle fasi successive, candidato e consulente verificano attraverso incontri di monitoraggio, lo stato di avanzamento del piano di azione sino al raggiungimento dell’obiettivo di ricollocamento prefissato.

Mi preme sottolineare però che occorre fare attenzione: quello su cui il consulente deve porre massima attenzione è la scissione della prima parte del programma, la vera e propria fase di career coaching, dalla seconda che invece prevede il supporto nel contatto con il mercato del lavoro.

Questo perché il coach, ispirandosi alla maieutica socratica, opera principalmente attraverso le domande potenti, astenendosi totalmente dal dare consigli al coachee, che invece acquisisce consapevolezza dei propri mezzi autonomamente.

Passando alla fase di caccia invece, il consulente sveste i panni del coach ed affianca il candidato nella ricerca di un nuovo posto di lavoro, fornendo preziosi consigli su come configurare il proprio curriculum, sul come affrontare un colloquio di lavoro, su come correggere errori che si possono esser fatti in occasione di selezioni, accompagnandolo sino al ricollocamento.

Alla prossima!!

L’intervista a Mondo Lavoro: “Combattere l’utilizzo improprio degli ammortizzatori sociali”

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La prima pagina dell'intervistaTorno con un nuovo post con qualche giorno di ritardo rispetto al solito, le cause sono molteplici un periodo particolarmente impegnativo nel lavoro, la redazione della tesina che mi porterà il 28 Marzo a diventare coach professionista e l’attesa per l’uscita dell’ultimo numero di Mondo Lavoro, la rivista a carattere regionale che mi ha intervistato in merito alla riforma del mercato del lavoro.

Dicevo l’attesa perchè ho trovavo corretto attendere l’uscita del numero, anziché anticipare i contenuti dell’intervista di Petetti; oggi che la rivista è in edicola voglio condividerla con voi, eccola:

Secondo lei la modifica dell’art.18 basterà da sola a rilanciare l’occupazione?

Questa è una domanda che molti di noi si fanno in questo periodo in cui all’ordine del giorno dell’agenda di Governo c’è appunto la riforma del mercato del lavoro. Personalmente premetto subito che la mia risposta è no.

Perchè?

In un momento di crisi economica come l’attuale, è indubbio che una norma come questa frena – e di molto – l’occupazione cosiddetta “fissa”. In un periodo in cui vi è bisogno di flessibilità e di rendere gli organici adattabili agli excursus economici, parlare di tempo indeterminato così come lo intendiamo oggi è follia per l’impresa. Da qui il proliferare dei contratti a tempo che hanno dato vita alla famigerata precarietà, in particolare tra i giovani che si affacciano oggi sul mercato del lavoro. Una riforma quindi va fatta sicuramente.

In quale direzione?

Personalmente sono dell’idea che attualmente la formula migliore sia quella proposta dal Professor Pietro Ichino. La “flexsecurity” prevede la possibilità per le imprese di licenziare per motivi di natura economica ed organizzativa, salvaguardando comunque il futuro dei lavoratori attraverso un’indennità di licenziamento e un trattamento complementare di disoccupazione (a carico delle aziende stesse), unitamente ad un processo obbligato di ricollocamento, sempre a carico dei datori di lavoro. La proposta permetterà di combattere contemporaneamente la precarietà dilagante di oggi, obbligando le aziende (in cambio della flessibilità in uscita) all’assunzione a tempo indeterminato di tutti i nuovi assunti. Non vi è dubbio che in questo momento storico sia la scelta migliore da farsi. Di flexsecurity ne parleremo ad Ancona proprio con il Professor Ichino e con l’avvocato Gabriele Fava.

Il famoso giuslavorista milanese…

Si in un dibattito mediato da Rosanna Santonocito de Il Sole 24 Ore, in un incontro che abbiamo organizzato come AIDP, l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale di cui sono Vice Presidente per le Marche. L’evento si svolgerà il 10 maggio presso Confindustria Ancona. Un evento al quale suggerisco di partecipare.

La seconda pagina dell'intervistaTorniamo a parlare di riforme

Come dicevo prima, alla revisione dell’art.18 vanno accompagnate altre riforme per il rilancio non solo dell’occupazione ma dell’intera economia. A mio parere la seconda riforma importante, che è comunque allo studio del Governo Monti, è quella degli ammortizzatori sociali. Oggi purtroppo sono diventati solo un modo per dare un sussidio ai lavoratori, ben sapendo che con tutta probabilità, non saranno più reinseriti in azienda. La cosa di per se non sarebbe neppure sbagliata se non fosse che il sussidio dovrebbe essere legato alla ferrea volontà del lavoratore di rientrare nel mercato del lavoro dandosi da fare per ricollocarsi (con spesa a carico dell’azienda) ovvero seguendo politiche attive del lavoro, cosa che oggi non avviene. Spesso i lavoratori invece di attivarsi per la ricerca di un nuovo posto di lavoro attendono passivamente a casa lo scorrere del tempo, confidando in un reintegro da parte dell’azienda che invece, nella stragrande maggioranza dei casi, non avviene a causa delle cattive condizioni economiche in cui ci troviamo. Il risultato è che una volta trascorso il periodo coperto dall’ammortizzatore sociale, i lavoratori si ritrovano soli e senza lavoro. Occorre infatti ricordare che rimanere per troppo tempo fuori dal mercato del lavoro non è mai salutare, men che meno in un periodo come l’attuale. Ecco perchè suggerisco sempre di accettare proposte di lavoro anche se sono inferiori a quella da cui si esce; rimettersi in gioco, rientrare nel giro per poi risalire.

E le aziende non hanno colpe?

Un altro aspetto riguarda proprio le imprese. Spesso viene fatto un uso improprio dell’ammortizzatore sociale, in quanto la trafila CIG, CIGS, CIG in deroga e mobilità nascondono solamente, come dicevo prima, un destino dei lavoratori coinvolti già segnato sin dall’inizio e questo lo sanno sia le imprese che i sindacati. L’utilizzo della trafila è spesso legato alla flebile speranza di una possibile ripresa, che in moltissimi casi non avverrà mai, tramutandosi solo in un doloroso rinvio del problema.

La terza pagina dell'intervista.A questo proposito cosa pensa della proposta di riforma lanciata dal Ministro Fornero nelle scorse settimane?

Mi trova concorde: lasciare la sola cassa integrazione ordinaria che si attiverebbe esclusivamente per sostenere i lavoratori nelle crisi aziendali temporanee, in cui vi è la sicurezza pressochè totale del loro reintegro. Nel caso in cui invece occorra ridurre il personale, le aziende non potrebbero più usare la cassa integrazione straordinaria. Dall’altra parte ai lavoratori che perdono il posto di lavoro, verrebbe riconosciuta un’indennità di disoccupazione più alta della attuale (che, ricordo, oggi copre il 60% della retribuzione all’inizio per poi scendere fino al 40% per un massimo di 12 mesi) che potrebbe assorbire anche l’attuale indennità di mobilità. A questa maggiore indennità di disoccupazione il Governo ha però intenzione di porre in essere meccanismi molto rigidi per legare il mantenimento del sussidio alla ricerca attiva di un posto di lavoro. Queste le riforme che a mio parere andrebbero fatte sul mercato del lavoro: tutti vorremmo avere un mercato del lavoro uguale a quello che abbiamo avuto sino ad oggi, ma sappiamo che non è più possibile, in quanto il sistema rischierebbe il cortocircuito. Parlando di ammortizzatori sociali, ad esempio, per la maggior parte essi sono finanziati dai contributi che imprese e lavoratori versano all’Inps: se normalmente le entrate sono sempre state superiori alle uscite, dal 2008 non è più così. Nel solo 2011 il saldo negativo a carico del bilancio pubblico è stato di 9,3 miliardi di euro. Risulta quindi evidente che in questo modo il sistema collassa. Queste riforme ritengo siano comunque condizioni necessarie ma non sufficienti per rilanciare l’occupazione. Concordo infatti con le organizzazioni sindacali quando dicono che occorre fare anche altro per rilanciare le assunzioni: il rilancio dell’apprendistato mi sembra un primo passo, ma personalmente ritengo che la prima cosa che va messa in atto sia la riduzione del costo del lavoro per le imprese, invogliando le stesse a rimanere sul territorio italiano anzichè optare per Paesi esteri dove i costi della manodopera sono palesemente inferiori.

Voglio precisare che l’intervista è stata rilasciata un mese fa, come sapete proprio oggi sembra si sia giunto all’epilogo della trattativa per la riforma del mercato del lavoro e molte cose non vanno nella direzione discussa, vedremo nei prossimi giorni le carte per avere un quadro più chiaro.

Alla prossima!!

Il vocabolario delle Risorse Umane: COACHING

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Eccoci ad un nuovo appuntamento con il vocabolario delle risorse umane, il termine che voglio trattare stavolta è molto importante perché credo fermamente nelle potenzialità del metodo, tanto che sto personalmente seguendo un corso di studi.

Metodo relativamente nuovo nel panorama risorse umane statunitensi, assolutamente innovativo in ambito nazionale, essendo praticato in Italia da non più di dieci anni, sto parlando del Coaching.

Partiamo dalla definizione; in realtà ci sono varie interpretazioni del metodo, con sfumature diverse, anche se chiaramente tutte assimilabili; quella che trovo maggiormente corretta è la seguente, dettata da INCOACHING Scuola di Coaching:

Il Coaching è un metodo di sviluppo di una persona, di un gruppo o di un’organizzazione, che si svolge all’interno di una relazione facilitante, basato sull’individuazione e l’utilizzo di potenzialità per il raggiungimento di obiettivi di cambiamento/miglioramento autodeterminati e realizzati attraverso un piano d’azione”.

La definizione parla chiaro, il coaching non è una consulenza, non è consigliare; il coach non è uno psicologo e non da suggerimenti. Il coach, attraverso l’uso del metodo, sviluppa la persona che a lui si è rivolta, focalizzandosi sulle sue potenzialità, mettendolo al centro della relazione, rispettando i tempi della persona senza mai forzare le soluzioni; il tempo è una risorsa che consente il cambiamento.

Il coaching è applicabile alla vita di tutti i giorni, al mondo business ed al mondo sportivo, come?

Il Life Coaching è indirizzato ai singoli ed ha come scopo lo sviluppo di programmi di autosviluppo ed autoefficacia.

Il Business Coaching può essere indirizzato sia a singoli manager che a gruppi di manager per aiutarli ad avere una leadership più efficace, una migliore gestione del tempo, dello stress, di gestione del team.

Nello Sport Coaching il coach assiste lo staff tecnico e/o l’atleta o la squadra al fine di creare le giuste condizioni interne ed esterne per la realizzazione della migliore performance sportiva.

Alla prossima!!