risorse umane

RU e dintorni si ferma qui!

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That's all Folks
That’s all Folks

Carissimi,

L’avventura iniziata nel lontano 2011 volge al termine, mio malgrado mi trovo costretto ad interrompere le pubblicazioni; costretto perchè gli impegni di lavoro che aumentano di anno in anno e la nuova avventura professionale appena partita come libero professionista non mi lasciano più il tempo di scrivere con quella costanza che vorrei e soprattutto che è richiesta quando si avvia un blog.

Non ho certo intenzione di fermarmi a scrivere, adoro farlo per cui i miei contributi, quando avrò il tempo di farli, verranno pubblicati direttamente su Linkedin Pulse, basterà qundi essere un mio contatto su Linkedin per vedere l’aggiornamento.

Ho ricevuto diverse richieste di collaborazione da parte di alcuni professionisti per aiutarmi nella redazione del blog, ci ho pensato molto ad aprire ad altri (tra l’altro tutti validissimi professionisti), alla fine sono arrivato alla conclusione che non sarebbe più il mio blog ma un’altra cosa, per quanto ben fatta per cui meglio terminare ed eventualmente avviare nuovi progetti insieme a chi ne fosse interessato e che mi permettano di gestire al meglio il mio tempo.

Mi sembra però ingeneroso chiudere il blog e disperdere quanto di buono fatto in questi anni, questo non lo dico io ma lo dite voi che mi avete seguito con costanza, siamo arrivati a ben 1220 lettori abituali e non so quanti saltuari; ho quindi deciso di tentare di lasciare un segno indelebile della sua presenza raccogliendo i post migliori in un ebook, rivedendoli e ampliandoli, aggiungendo alla fine alcuni miei interventi fatti in questi anni nel corso di seminari ed incontri, su tematiche specifiche relative alle risorse umane.

Il lavoro è già iniziato, spero di riuscire a portarlo presto a termine, chi è mio contatto su Linkedin, Facebook e Twitter verrà chiaramente avvisato della sua uscita.

Grazie a tutti per avermi fatto compagnia in questo viaggio, e come dico sempre…. ALLA PROSSIMA!!

Riccardo

Una scuola da rifondare

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Ma che scuola abbiamo oggi?

Questa volta vi racconterò semplicemente quanto accaduto ad un genitore che si è recato ad un normale e classicissimo colloquio con un insegnante del figlio, in merito al suo andamento scolastico. Per ovvi motivi di privacy i nomi riportati sono totalmente inventati così come la materia, vi garantisco però che tutto il racconto è realmente accaduto.

Mancano trenta minuti all’appuntamento con la professoressa Bortolotti, il papà di Mario si sta preparando in fretta per arrivare puntuale, anzi in realtà si è posto l’obiettivo di arrivare almeno cinque minuti prima perché il rispetto per le persone e per il loro lavoro viene prima di ogni cosa; tra se e se dice: “Devo muovermi, critichiamo sempre il pubblico, diamo il buon esempio anche attraverso la puntualità e poi, i professori, hanno tanto da fare mica sono a mia disposizione.” Con i nuovi sistemi elettronici oggi i voti, le assenze, le comunicazioni scuola famiglia sono visibili in tempo reale su qualsiasi dispositivo mobile connesso ad internet, un bel passo in avanti da quando, ai tempi del papà, si poteva anche bigiare la scuola attraverso una giustificazione firmata, al rientro, dal compagno di classe esperto grafologo, che imitava alla perfezione le firme di tutti i genitori della classe.

Oggi per ottimizzare il tempo, pur essendo rimasti gli orari di ricevimento, i professori ricevono solo su appuntamento, in fondo lo fanno anche i parrucchieri, non vedo perché non dovrebbero farlo loro. Così il papà nei giorni precedenti, ha regolarmente preso appuntamento, per iscritto con tanto di conferma controfirmata, con la Prof. Bortolotti.

Ma torniamo a dove avevamo lasciato il genitore, intento a preparasi di tutto punto per il colloquio, ah… dimenticavo, il figlio fa la terza media, un dettaglio che però va esplicitato. Mancano ancora 10 minuti all’appuntamento ed il papà è già pronto e suona alla porta di ingresso della scuola, il bidello che funge da segretario lo accoglie con non poca sorpresa, il genitore si presenta: “Buongiorno ho appuntamento con la Prof. Bortolotti” il bidello, con aria sconcertata, risponde: “Francamente non l’ho ancora vista”, il papà gli conferma di essere in anticipo per cui non ha alcun problema ad attendere. Dopo circa 5 minuti ecco la Prof. Bortolotti presentarsi all’ingresso e dire: “C’è qualcuno per la Prof. Bortolotti?” il papà ha un accenno di sorpresa, visto che avendo appuntamento, la professoressa dovrebbe ben sapere chi l’attende, ma poco importa… prontamente risponde “Si!! Eccomi, buongiorno sono Giovanni Manfredini, papà di Mario”, la professoressa senza rispondere seppur stringendogli la mano, gli fa strada all’interno del suo ufficio.

Inizia così il colloquio, la Bortolotti esordisce con una domanda che sorprende positivamente il Sig. Manfredini: “Lei ha visto i voti di suo figlio?”, Manfredini tra se e se: “Hai capito la Prof… brava così mi piace, visto che ormai c’è il registro elettronico, vuole vedere se come genitori seguiamo i ragazzi. Una bella cosa, in effetti molti genitori predicano bene e razzolano male” e risponde “Si si chiaramente, ha preso 8”, la Bortolotti “Ah beh!!! Se ha preso 8 allora va bene!!”. Il papà con aria sbigottita rimane con un espressione che all’incirca significa “mi sembra ovvio, a meno che i voti non si siano invertiti”; per riprendersi dal momento di imbarazzo la Bortolotti si lancia in una spiegazione completa, di quale sia il suo metodo di insegnamento e di come sia importante per lei il rispetto e le buone maniere all’interno della classe. Il Sig. Manfredini, rimane abbastanza impressionato dal modello educativo, innovativo se vogliamo e sicuramente interessante; al termine tenta di riportare il colloquio sui temi riguardanti il figlio e si riallaccia alla prima domanda circa i voti aggiungendo “Ha esordito con un 8 ha poi avuto un piccolo calo nella seconda interrogazione ma alla terza è tornato all’8”, la Bortolotti risponde: “Ah!!! Ha già tre voti?” …… segue un interminabile momento di silenzio in cui il padre sorpreso dall’ennesima risposta sconclusionata della professoressa, inizia a pensare di essere vittima di uno scherzo, eppure non siamo in Aprile ed Halloween è passato da poco, nei suoi pensieri si fanno largo espressioni del tipo “si si non ho dubbi, adesso arriva il bidello e mi dice che sono su Scherzi a Parte”.

Purtroppo non arriva nessuno, passano i minuti così il Sig. Manfredini tenta per l’ennesima volta di riprendere le fila del discorso: “Volevo avere una sua impressione sul comportamento di mio figlio in classe, sa io e mia moglie ci teniamo molto alla buona educazione e cerchiamo di fare il massimo, ma questo non ci può garantire che poi, lontano dalle pareti di casa, mio figlio sia sempre ligio. Lo dico anche perché sono un po’ preoccupato dal recente consiglio di classe, la comunicazione di resoconto arrivata ai genitori, evidenzia una classe che sembra essere un po’ vivacetta; lei che mi dice?” la Bortolotti con l’aria più naturale del mondo, dopo ben 20 minuti di colloquio sulla filosofia dell’insegnamento risponde: “Ah si certo… mi scusi mi ricorda che classe fa suo figlio?” a questa ennesima domanda fuori luogo il papà incredulo alle sue orecchie rimane con una espressione che significa inequivocabilmente “Ma mi sta prendendo per il c…o???????????”; vorrebbe dirgliene di tutti i colori, ma sa bene che se lo farà ci rimetterà solo suo figlio, così con qualche minuto di meditazione zen e di “ohmmmm ohmmmm” interni comunica alla prof. la classe del figlio. La Bortolotti risponde: “Ah beh si… in effetti… sembrerebbe… cioè con me poi non tanto… però insomma”.

Il colloquio termina così, con il Sig. Manfredini che si allontana pieno di domande esistenziali del tipo “Ma a chi diamo in mano i nostri figli ogni giorno?? Mio figlio è una persona fisica con un carattere, dotato di parola e di intelletto, oppure un ectoplasma trasparente senza personalità?? Quale attenzione gli viene riservata nell’apprendimento??” alla fine si sente quasi all’interno della pubblicità di una nota azienda finanziaria il cui slogan dice “Le grandi domande sono cambiate” e parte poi la musica con la canzone dei Gorillaz che fa: “I’aint happy, I’m feeling glad, I got sunshine in a bag, I’m useless but, not for long, the future is coming out” ovvero “Non sono felice, ma mi sento allegro, ho rinchiuso i raggi di sole in una valigia, sono inutile, ma non per molto ancora, il futuro mi viene incontro” che in una situazione del genere calza a pennello, in fondo meglio riderci sopra… si per non piangere, con l’augurio che il futuro che viene incontro sia migliore.

In effetti non tutte le scuole sono così, come non tutti i professori sono così, personalmente conosco insegnanti seriamente preoccupati per i loro studenti, che cercano e vogliono con tutte le loro forze, aiutarli a prepararsi al futuro; si rendono conto che la scuola è ancora lontanissima dal mercato del lavoro e per questo chiedono aiuto a professionisti come il sottoscritto, per cercare di fare un seppur minimo orientamento al mercato del lavoro per i loro ragazzi; ripartiamo da qui e cambiamo un sistema che, purtroppo, non è più in linea con le esigenze del mondo che cambia; impariamo a mettere la risorsa umana veramente al centro, sin dai periodi della scuola.

Alla prossima!!

Valorizzazione del Capitale Umano in azienda

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Il Capitale Umano è un valore per l'impresa
Il Capitale Umano è un valore per l’impresa

L’annosa questione della valorizzazione del capitale intangibile di un’azienda è fatto assai conosciuto, diversi sono gli asset a cui risulta difficile dare un valore: l’avviamento dell’azienda, i marchi, il capitale sociale ed anche il capitale umano.

Si sono susseguite e si stanno tuttora susseguendo teorie più o meno valide per arrivare ad una misurazione di questi aspetti dell’azienda; in questa sede però, mi interessa concentrare l’attenzione sul Capitale Umano. Una cosa è certa: se da un lato è sicuramente difficile poter dare un valore economico (se non in termini di costo) alle persone che lavorano in azienda, dall’altro non è più possibile pensare che questo valore non ci sia.

Fino a quando l’economia gira, chi più chi meno tutte le aziende sono propense nel dare importanza ai loro collaboratori nell’ottenimento dei risultati d’impresa; le cose sembrano invece cambiare quando arrivano venti di crisi, un pò come quelli che stiamo attraversando.

In questi momenti da quello che si legge nelle recenti vicissitudini di multinazionali, grandi, piccole e medie imprese questo valore intangibile sembra improvvisamente venire meno. La colpa non va certo accollata tutta sulle spalle delle aziende, è innegabile che in buona parte anche le banche che dovrebbero per prime apprezzare il know how interno alle aziende considerandolo un valore da inserire in bilancio, oggi se ne infischiano ed indipendente dalle professionalità contenute in azienda, chiudono comunque i rubinetti, basando la loro valutazione solo ed esclusivamente sui dati di breve periodo e sull’indebitamento.

Le imprese nascono grazie all’audacia ed alla lungimiranza degli imprenditori, ma proseguono il loro percorso di crescita e consolidamento grazie alle persone che vengono selezionate ed inserite nei vari ruoli. Prendiamo un esempio di eccellenza italiana: la Ferrari, nata nel lontano 1939 dall’intuizione di Enzo Ferrari, si è sviluppata ed è cresciuta sino ai livelli attuali grazie alle persone che sono entrate in azienda e che hanno apportato e sviluppato know how. Ora immaginatevi se oggi la Ferrari venisse improvvisamente svuotata dei sui collaboratori ed al loro posto venissero inserite persone completamente nuove provenienti da tutt’altro settore, pensate che i risultati finali siano identici a quelli attuali? Evidentemente no, solo questo banalissimo esempio fa comprendere come il capitale umano ha assunto un ruolo centrale nel determinare l’espansione di un sistema economico.

Il capitale umano può essere inteso come l’insieme di consocenze, capacità, competenze a disposizione di un’azienda e gioca un ruolo fondamentale nell’agevolare la creazione di benessere economico che si traduce anche in benessere sociale non solo per i collaboratori ma per tutta la comunità in cui l’azienda vive.

Diretta conseguenza a quanto sopra è che la finanza non può più e non deve considerare le persone solo come mero costo del lavoro, da tagliare indiscriminatamente nel caso l’azienda vada in crisi, ma come un costo a cui però corrisponde un valore molto più grande che è l’essenza stessa dell’impresa senza la quale, pur recuperando in termini di efficienza economica, perderà completamente in termini di efficacia svuotandosi di quelle competenze necessarie alla sua sopravvivenza.

Alla prossima!!

Risorse Umane… o Umane Risorse

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Risorse Umane...
Risorse Umane…

Torno dopo una assenza involontaria di una settimana causa della influenza, per parlare di Risorse Umane, termine che ormai ognuno di noi ha sentito più e più volte.

Si sono fatti film sul ruolo del responsabile delle risorse umane, scritti libri sia tecnici che romanzi, insomma è ormai impossibile non essere a conoscenza di questo termine; già… impossibile… ma quanti in realtà conoscono veramente il significato di queste due parole: risorse e umane?

Prendo testualmente dal vocabolario: risorsa – “Qualsiasi fonte o mezzo che valga a fornire aiuto, soccorso, appoggio, sostegno in situazioni di necessità.umano – “Dell’uomo, che è proprio degli uomini.“; risulta chiaro che se prendiamo alla lettera queste definizioni possiamo tranquillamente affermare che l’uomo è una risorsa come tante altre (economiche, energetiche, ecc..) all’interno del processo produttivo di un’azienda. Una visione un pò fredda e démodé tipica di un periodo in cui quando si alludeva alle risorse umane, si parlava sostanzialmente di gestione amministrativa delle stesse con un occhio rivolto più al lato contrattuale e di controllo.

Erano i tempi in cui si iniziava e si andava in pensione nella stessa azienda, tempi in cui l’importanza i dare il giusto peso alle persone in azienda, era tutto sommato di secondaria importanza, tanto al 90% non si sarebbero mai scollate dal loro posto di lavoro, semmai chi era demandato a gestire quel tipo di risorse umane era più attento alle relazioni industriali che non a tutti gli altri aspetti.

Erano i tempi in cui ci si rivolgeva ai lavoratori chiamandoli “maestranze“, “dipendenti“, termini estremamente passivi, che implicavano persone tanto più valide quanto maggiormente malleabili e atti a recepire i comandi che venivano impartiti dall’alto.

Oggi il contesto storico è notevolmente cambiato, concetti come flessibilità, lealtà, crescita, valori, meritocrazia, sono al centro della funzione risorse umane. Le aziende sono attente al valore insito nel personale, sono perfettamente consce che il successo di un’impresa passa necessariamente per il valore delle persone che la compongono; le aziende oggi sostengono fortemente i propri “collaboratori” (non più dipendenti o maestranze) ad essere assertivi, a manifestare il proprio potenziale, a tracciare percorsi di carriera coerenti con le capacità ed i sogni professionali dei singoli che le compongono.

Naturalmente questo cambiamento in atto fa si che anche la funzione risorse umane in azienda prenda una nuova connotazione, nessuno la chiama più solo “gestione risorse umane” dato che il termine gestione è relativo al presente, ovvero si gestisce ciò che si ha ora, praticamente tutte le aziende oggi hanno aggiunto al termine gestione anche sviluppo proprio perché in questo modo risulta chiaro e palese che oggi le persone in azienda non le si gestisce solamente ma le si supporta nella evoluzione del loro percorso di carriera, un concetto assolutamente dinamico.

O forse mi sbaglio … ???????????

Alla prossima!!

Post liberamente tratto dal libro “Psicologia delle risorse umane” edito da Raffaello Cortina Editore a cura di Argentero, Cortese e Piccardo

PERCHE’ HR?

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Il logo di AIDP
Il logo di AIDP

Venerdì scorso come AIDP Marche (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) abbiamo organizzato un evento in collaborazione con la business school ISTAO (Istituto Adriano Olivetti) dal titolo “…Perchè HR?…” il nostro intento è stato quello di riflettere sul futuro delle Risorse Umane in azienda.

Ospiti del seminario sono stati il Dott. Emiliano Maria Cappuccitti HR Director di BIRRA PERONI, la Dott.ssa Stefania Monini HR Manager Corporate Functions di INDESIT e il Dott. Giuliano Calza nelle duplice veste di Presidente di AIDP Marche e di General Manager di ISTAO, mediati nei loro interventi dalla brillante giornalista del MONDO esperta in tematiche HR la Dott.ssa Gaia Fiertler.

Dal dibattito sono emersi spunti interessanti, su tutti il fatto che la figura dell’HR deve essere una figura che conosca l’aspetto a 360° non può e non deve essere solo un esperto di relazioni industriali; certamente il momento attuale vede per la maggior parte dei casi gli HR coinvolti in processi di riorganizzazione che, usando le parole di Cappuccitti, “tempo addietro si facevano in media una volta ogni due anni, oggi si fanno ogni sei mesi”, questo però non può e non deve diventare il pretesto per non fare anche sviluppo ed attuare politiche di valorizzazione delle risorse in azienda.

Su quest’ultimo versante la Dott.ssa Monini ci ha parlato delle politiche che INDESIT ha messo in pratica in questi mesi per valorizzare i propri collaboratori e per trattenere i talenti attraverso politiche di employer branding che hanno fatto emergere caratteristiche fondamentali per chi lavora in azienda: INnovative, INternational, INformal. Chi lavora in INdesit deve avere queste tre caratteristiche: essere innovativi nell’affrontare il lavoro, i processi e nello sviluppare nuove idee, avere un respiro internazionale, entrare in una multinazionale prevede gioco forza la possibilità di girare le varie sedi mondiali aumentando competenze e conoscenze sia tecniche che manageriali ma anche culturali attraverso il confronto con popoli diversi ed in ultimo essere anche informali ovvero a chiunque in Indesit è dato modo di confrontarsi anche con i più alti dirigenti aziendali, perchè da tutti possono arrivare idee e suggerimenti in grado di portare valore aggiunto.

Sul lato talenti e quindi sulla definizione di talento sia Cappuccitti che Calza hanno le idee molto chiare che personalmente mi sento di sottoscrivere appieno, secondo la mia opinione: il talento non esiste, ognuno di noi ha in se tutte le capacità per riuscire a fare qualsiasi cosa, occorre solo avere la giusta determinazione per raggiungere l’obiettivo. Cappuccitti traduce questo concetto con questa frase “talento per me è un concetto molto chiaro è colui che fa accadere le cose”, mentre Calza a stretto giro rilancia affermando che “non esiste il talento, tutti noi abbiamo le potenzialità dobbiamo solo lavorarci, impegnarci e dare il massimo”.

Incalzati dalle domande della Fiertler, tutti gli interlocutori concordano che oggi il ruolo dell’HR è quanto mai delicato, Cappuccitti ritiene che oltre alle conoscenze tecniche di cui parlavo sopra, chi si occupa di personale deve avere un equilibrio mentale perchè sei anche una sorta di confessore dei tuoi colleghi, allo stesso tempo possono capitare momenti in cui ti senti solo e sconfortato, specie quando sei chiamato a fare il lavoro sporco, che va comunque fatto in modo umano ed onesto, tenendo conto che davanti a noi abbiamo una persona in un momento particolarmente difficile della sua vita. Gli fa eco Calza che conferma che la categoria non sta sicuramente passando un bel momento, la reputazione sta scemando, quando invece il ruolo in azienda è fondamentale; dobbiamo tornare a difendere gli interessi delle persone, il cuore della nostra attività sta proprio nel mettere le persone al centro. Se una persona non performa il buon HR non deve licenziarla, deve solo trovargli il posto giusto per lui, il mestiere va fatto con passione.

Questo non significa essere buonisti, ci sono dei punti su cui non si transige e che vede i tre iterlocutori assolutamente concordi: chi si comporta in modo disonesto, chi ruba va cacciato dall’azienda immediatamente senza se e senza ma, proprio per questo motivo va posta massima attenzione al processo selettivo delle risorse, se scegliamo persone che non “fittano” con i valori aziendali saranno fonte sicura di problemi, per la risorsa stessa ma anche per noi come professionisti.

L’altro aspetto fondamentale di un buon HR è il fatto che deve avere sempre e comunque il polso della situazione, anche e specialmente nei momenti di apparente calma, sapere cosa “si muove” in azienda, respirare il “clima” è una caratteristica fondamentale, su questo la Monini è stata categorica “quando si sente dire da colleghi che una risorsa è uscita dall’azienda in maniera inaspettata è il primo sintomo che a sbagliare è stato proprio l’HR perchè non è riuscito a percepire il malessere della persona”.

In conclusione emerge da parte di tutti la grande soddisfazione per la scelta fatta di occuparsi di risorse umane, è un mestiere che ti può dare tanto anche perchè fatto essenzialmente di relazioni e cosa c’è di meglio se non conoscere e scoprire il prossimo?

Alla prossima!!

L’importanza di chiamarsi… Responsabile Risorse Umane

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Prendo spunto dalla commedia teatrale di Oscar Wilde, trasformata poi in film da Oliver Parker (di cui vedete la locandina a lato), in cui si gioca sulla parola “Earnest” che in inglese significa “onesto” ma che si pronuncia allo stesso modo di “Ernest” (Ernesto).

Vero che nel tipico stile di Wilde, la commedia in realtà è una presa in giro dei costumi Vittoriani dell’epoca, credo però che se prendiamo il titolo così com’è possa essere parafrasato con il concetto di cui vi voglio parlare, ovvero l’importanza della funzione Risorse Umane in qualsiasi tipo di azienda.

Sia come operatore del mondo RU ma ancor di più come Vice Presidente di AIDP Marche (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) sono perfettamente conscio che sono molto poche le aziende italiane dotate di una funzione Risorse Umane che tratti a 360 gradi tutti gli aspetti di questo mondo meraviglioso; cosa questa ancor più vera se parliamo delle PMI.

Tralascio di parlare di multinazionali e di aziende grandi, nelle grandi mi permetto di inserire anche tutte quelle aziende che hanno dai 1000 dipendenti in su. Voglio invece puntare l’attenzione sulle PMI in senso stretto che come sappiamo costituiscono la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale italiano. Oggi come ieri, in moltissime di queste aziende, la funzione al massimo esprime una o due persone incaricate per lo più della sola gestione amministrativa; spesso non ci sono neanche queste, visto che la gestione non è sicuramente strategica per l’impresa, tanto da essere data spesso in outsourcing.

Chi è allora che si occupa di Risorse Umane? Naturalmente l’imprenditore, che ha la pretesa di essere il primo ed unico fine conoscitore del mondo risorse umane (come del resto del commerciale, dell’amministrazione e via dicendo); è lui che si occupa di assunzioni (spesso suggerite da amici e parenti), è lui che si occupa di politiche retributive (andando spesso a simpatia), è lui che si occupa di formazione promuovendosi come vero ed unico formatore del suo personale, è lui che si occupa di relazioni sindacali nelle rare volte che incontra i sindacati e che spesso interpreta come veri e propri incontri di boxe.

Mi fermo qui perché chi lavora nelle PMI sa bene come funzionano le cose, ma la funzione RU è tutt’altro, al suo interno sono diversi i processi da seguire con le giuste competenze: pianificazione, reclutamento, selezione ed inserimento in azienda, formazione, valutazione del personale, politiche retributive e di carriera, relazioni sindacali, amministrazione e rapporti con il personale.

Oggi più di ieri le risorse umane hanno assunto un carattere fondamentale all’interno dell’organizzazione, l’evoluzione verso una sorta di RU 2.0 porta con se anche la necessità di un incremento delle competenze di chi ricopre questa funzione che non può più essere lasciata in un angolo o demandata al titolare.

Sviluppare sempre più professionalità in ambito HR è una delle strategie che le aziende italiane devo approntare per recuperare terreno; per troppo tempo ci siamo cullati sulle cosiddette “vacche grasse” che oggi sono diventate talmente magre da non potersi più permettere di rimanere inermi davanti alla crisi incalzante. Mi rendo conto altresì che per molte di queste aziende, dotarsi in pianta stabile di una figura professionale come quella di un Responsabile Risorse Umane con tutti i sacri crismi e competenze, può essere un investimento di difficile realizzazione, ci sono però numerosi professionisti nel mercato del lavoro (e mi riallaccio al mio precedente post Generazioni Contro) che possono essere ingaggiati come consulenti esterni a costi ridotti e ben determinati per l’azienda ma che portano un grande vantaggio competitivo in termini di esperienza e conoscenza.

In sintesi le aziende ed in particolare le PMI, devono capire che la crisi in atto ha creato profondi cambiamenti e nulla tornerà più come prima, prima si realizza questo, prima si reagisce e prima ci si rimette in pista. La funzione Risorse Umane è una di quelle funzioni a cui oggi non si può pensare di rinunciare, continuare a pensare che tutto quanto fatto sino ad oggi possa andare bene anche per domani è pura follia, rimanere inermi non farà che peggiorare e cose.

Alla prossima!

La biblioteca di RU e dintorni: L’ESSENZA DEL COACHING – A. Pannitti e F. Rossi

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Settimana scorsa sono tornato con la rubrica “il vocabolario delle risorse umane”, questa settimana voglio riprendere anche l’altra rubrica lanciata qualche mese fa dal titolo “la biblioteca di RU e dintorni”, ovvero consigli personali di lettura per chi opera nelle risorse umane o per chi ha interesse a scoprire questo fantastico mondo.

Il libro che presento questa settimana tratta di coaching ovvero il metodo per scoprire le potenzialità e sviluppare l’eccellenza dell’individuo, si intitola L’ESSENZA DEL COACHING edito da Franco Angeli ed è stato scritto a quattro mani da Alessandro Pannitti e Franco Rossi che sono stati, tra le altre cose, i miei insegnanti nel corso che ho frequentato attraverso la scuola INCOACHING e che mi ha portato al raggiungimento del diploma di coach professionista.

Conosco quindi molto bene Alessandro e Franco tanto da potermi permettere di consigliare spassionatamente la lettura di questo testo che contiene in se il metodo completo da loro insegnato nei corsi che tengono in varie parti d’Italia.

Alessandro Pannitti è laureato in Scienze e Tecniche Psicologiche, ha maturato una lunga esperienza aziendale, prima come manager e poi come consulente commerciale. Dal 2009 è Vice Presidente dell’Associazione Italiana Coach Professionisti.

Franco Rossi è laureato in Scienze Motorie, dopo una significativa esperienza nel mondo sportivo si dedica a percorsi di sviluppo per privati ed alla formazione aziendale presso PMI e multinazionali. Dal 2009 è coordinatore dell’Associazione Italiana Coach Professionisti nelle Marche.

Come ho anticipato, Alessandro e Franco sono i fondatori di INCOACHING, scuola di formazione e società di servizi legati al coaching. Entrambi sono docenti del Master Universitario in Coaching –  Corso di alta formazione universitaria riconosciuto dal MIUR – organizzato da SEAFO Scuola Europea di Alta Formazione in collaborazione con INCOACHING.

La vita in se è piena di cambiamenti spesso anche repentini, affermazione ancor più vera se la parametrizziamo a ciò che sta succedendo oggi con la crisi economica in atto; questi cambiamenti sempre più veloci richiedono da parte nostra una pari velocità di adeguamento che non sempre e non tutti riusciamo ad avere. Il Coaching è un metodo di sviluppo a disposizione dell’individuo o di un’organizzazione in grado di aiutarci a gestire in maniera efficace queste fasi di cambiamento e/o desideri di miglioramento del nostro status attuale (sia esso personale che lavorativo).

Occorre anche dire che oggi troppo spesso si confonde il coaching con metodi motivazionali portati avanti da fantomatici guru che, a mio parere, non fanno altro che inquinare la percezione comune di cosa sia realmente il coaching; Pannitti e Rossi da sempre invece si richiamano alla vera essenza del coaching seguendo il metodo anglosassone dell’Evidence Based Coaching che nasce all’interno di una comunità scientifica composta da docenti universitari, ricercatori e coach professionisti che intendono far crescere il coaching in ambito scientifico.

Il testo quindi si rivolge a tutti coloro che vogliono conoscere ed apprendere le basi di questo metodo in modo rigoroso ed esauriente e che si fonda su elementi caratterizzanti di cui spesso ho parlato in altri post scritti sul tema: l’instaurazione di una relazione facilitante tra il coach ed il cliente (coachee), lo sviluppo del potenziale umano e la creazione di piani d’azione autodeterminati finalizzati al raggiungimento di obiettivi concreti e specifici.

Insomma un testo che non può mancare nella libreria di un addetto ai lavori ma che è altresì di grande aiuto per chi ha interesse a percorrere la strada del miglioramento personale. Un successo annunciato tanto che a neanche un mese dall’uscita del libro, Franco Angeli ha già dato il via alla prima ristampa.

Buona lettura!

L’intervista al Corriere Adriatico: “Ecco come ti ricolloco il disoccupato”

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La testata del Corriere AdriaticoIl 1° Maggio, giorno della Festa del Lavoro che mai come oggi risulta essere una festa molto importante e ricca di significati e di speranza, il Corriere Adriatico, quotidiano numero uno della regione Marche, mi ha intervistato per parlare di outplacement.

La ricollocazione professionale è una delle poche politiche attive del lavoro che oggi possono essere messe sul piatto per aiutare chi ha perso il lavoro, a trovare una nuova collocazione. Purtroppo è uno strumento ancora poco conosciuto in particolare tre le piccole e medie imprese, mentre le multinazionali e le grandi aziende, al contrario, già conoscono lo strumento e lo usano con costanza.

Il “quotidiano delle Marche” per definizione ha una diffusione prettamente regionale, ho pensato quindi di pubblicare qui nel blog, il testo dell’intervista per permettere a chiunque di leggerlo, in un’ottica di ulteriore diffusione della conoscenza della ricollocazione professionale.

ECCO COME TI RICOLLOCO IL DISOCCUPATO
Zuccaro è professionista dell’outplacement, accompagna le persone nella ricerca di nuove opportunità.

Continua la crescita dei disoccupati nella Vallesina. Secondo i dati forniti dal Centro per l’Impiego di Jesi, su 76.082 persone in età lavorativa, quasi 10.000 persone sono disoccupate. Il dato non è dei più confortanti, infatti, rispetto al 201 si è registrato un +8% di disoccupati. E’ dunque, il 12,5% della popolazione in età lavorativa a restare senza un lavoro, quasi l’8% di quella residente.

Un ruolo fondamentale in questa situazione è quello che spetta ai professionisti dell’outplacement, branca della consulenza nell’ambito delle risorse umane che si occupa di accompagnare le persone in uscita da un’azienda nella ricerca di nuove opportunità professionali. Uno dei maggiori esperti sul campo è Riccardo Zuccaro, vicepresidente della sezione Marche di AIDP, Associazione Italiana per la Direzione del Personale, ed esperto di outplacement nella zona territoriale della Vallesina e del Senigalliese per conto di INTOO, società multinazionale italiana del lavoro.

Secondo Zuccaro “indubbiamente negli ultimi anni e in particolare da quando la crisi ha colpito nel profondo, l’economia italiana ha dovuto affrontare una serie di cambiamenti e stravolgimenti che in parte si sarebbero dovuti fare tempo fa, ma che il mercato del lavoro si è trovato a dover fare in brevissimo tempo; sconvolgendo di fatto il normale accesso al lavoro“. Particolare attenzione, sottolinea Zuccaro è da dedicare ai giovani, categoria maggiormente colpita dalla disoccupazione: “quasi il 38% dei giovani tra i 16 e i 29 anni residenti nella Vallesina è disoccupato. Sappiamo che il contratto a tempo indeterminato è diventato una chimera, ma la colpa non è imputabile alle sole aziende. Oggi, se il governo non decide di mettere mano al cuneo fiscale, le aziende sempre più difficilmente assumeranno con contratto da lavoratore dipendente, un lavoratore che costa all’azienda quasi il doppio di quello che riceve in busta paga“.

Per quanto riguarda l’outplacement, ossia il reinserimento nel mondo del lavoro, Zuccaro evidenzia che “alcune figure come quella del commerciale sono molto richieste mentre, al contrario, l’operaio non specializzato e l’impiegato del settore amministrativo sono scarsamente ricercate. Ciò perchè negli anni passati le aziende si sono dotate di un numero eccessivo di queste figure“. Il ruolo della specializzazione è fondamentale, ed è considerato anche un plus per l’azienda che deve assumere. E’ importante anche sapere cercare bene. “Secondo dai Unioncamere, gli annunci di cerco lavoro rappresentano solo il 15% della reale domanda. Il resto è trasmesso per passaparola o, addirittura, non viene neanche dichiarato“. Le percentuali di ricollocamento sono positive, l’88% per le figure di base e 93/94% per i quadri e gli impiegati dirigenti. “Il successo passa anche per la formazione, essere sempre disposti a formarsi a qualsiasi età, ad arricchire ed approfondire le proprie competenze in un determinato settore. Non mancano i casi positivi: negli anni passati alcune persone in attesa di ricollocamento, si sono unite e hanno dato vita a loro volta ad una società“.

L’intervista si è chiusa qui, in conclusione mi preme solo sottolineare che l’uso dell’outplacement, specialmente in un momento come questo, è un supporto fondamentale nella ricerca di nuove opportunità di lavoro, nell’intercettare quel 85% di posizioni di lavoro che oggi vengono definite “nascoste” ma che sono reali.

Alla prossima!